L’Uruguay si dice pronto a rifiutare l’aborto. Pochi giorni fa, dirigenti politici e associazioni civili hanno consegnato alla Corte Elettorale del Paese le 68mila firme necessarie per dare il via alla procedura con cui indire un referendum per tentare di abrogare la legge sull’aborto. La prima legge che ha autorizzato l’interruzione di gravidanza in Uruguay, proposta dalla maggioranza che appoggia il governo del Frente Amplio, è stata approvata dal parlamento nell’ottobre scorso. Il Senato, infatti, aveva approvato con 17 voti a favore e 14 contrari il progetto di legge che depenalizza l’aborto fino alla dodicesima settimana di gestazione. L’Uruguay era quindi entrato in quel ristretto gruppo di paesi latinoamericani (ma comunque il primo tra quelli dell’America del Sud) in cui è possibile praticare legalmente un aborto, solamente dopo Cuba (dal 1965) e il Distretto Federale della capitale del Messico (dal 2007). Attualmente la legge prevede che, nel caso in cui una donna voglia interrompere la gravidanza, debba presentarsi in un Tribunale integrato da uno psicologo, un ginecologo e un assistente sociale, a cui dichiarare i motivi per cui ha deciso di praticare l’aborto. I giudici valutano il caso in cinque giorni al massimo, dopo i quali concedono eventualmente alla donna di recarsi presso una struttura, pubblica o privata, per l’interruzione di gravidanza.