“Nonostante alcuni di noi siano comunisti, non toccheremo la proprietà delle case”. Questo e altro si è sentito giovedì sera in Parlamento, nel corso del dibattito sulla votazione di una legge-omnibus scritta a quattro mani con la Troika sul pignoramento della prima casa, sui “conti in rosso”, varie ed eventuali, compresa una tassa sulla produzione enologica. Al solito, la legge è stata presentata e votata nel giro di 24 ore. Certo è che lo slogan elettorale di Syriza “A nessuno verrà pignorato il tetto”, tradotto “Nessuna casa in mano ai banchieri!”, si è trasformato in condizioni meno favorevoli per coloro che hanno contratto un mutuo – ai tempi in cui non si negava a nessuno e ai tempi in cui il rapporto tra reddito medio e valore dell’immobile era alquanto squilibrato a sfavore del primo. Adesso il governo cerca di convincere l’opinione pubblica che il 40% delle case resta sotto l’ombrello di protezione, ma la verità è che soltanto il 20% dei proprietari possono star tranquilli.
Questa era però una delle condizioni per sdoganare la prima tranche di 2 miliardi di euro per rimpinguare le casse statali. Prima della fine dell’anno, il governo dovrà varare la legge sulla riforma delle pensioni, ma soprattutto dovrà redigere la legge di bilancio 2016, in cui si prevede una manovra fiscale da 5,7 miliardi di euro, una disoccupazione al 24% e una recessione del 0,7%. Ma oltre alla loro redazione, il governo dovrà passare al vaglio della maggioranza. Maggioranza che poi non è più così compatta. Nella votazione di giovedì si sono contate tre defezioni: due “syrizei” e un “greco indipendente” hanno fatto mancare il loro voto. Totale, la maggioranza adesso conta 153 voti.
Hanno fatto scalpore le dimissioni di Gabriel Sakellaridis, ex portavoce del governo Tsipras I e da lunga data stretto collaboratore del primo ministro. L’ex parlamentare aveva dichiarato che non avrebbe votato la nuova legge, e per tutta risposta Tsipras lo ha invitato a lasciare libero il suo seggio parlamentare. Messaggio chiaro ai possibili dissidenti futuri, implementazione ferrea della disciplina di partito. Eppure in periodo elettorale Tsipras aveva dichiarato che nella cultura politica di Syriza non hanno spazio le espulsioni. Se al suo ex collaboratore ha chiesto le dimissioni, all’altro dissidente è stata recapitata una lettera in cui veniva espulso dal gruppo parlamentare di Syriza.
Il dissidente ha un nome “pesante”, non certo per suoi meriti specifici, quanto per essere fratello di Alexandros Panagulis, l’eroe della resistenza ai colonnelli. Lui, Stathis, ha calcato la scena politica già nel 1981 quando venne nominato vice ministro. Poi bisticciò con Papandreou, fondò il suo partito, poi trasmigrò nelle varie formazioni della sinistra, fino all’ingresso in Syriza.
Con 153 voti di maggioranza e decine di musi lunghi non sarà facile per il governo arrivare fino alla fine dell’anno con tranquillità. Se le norme sul pignoramento sono state giudicate alquanto difficili da accettare, chissà che cosa può succedere quando si dovrà affrontare il tema del taglio alle pensioni (dal 5% al 20%), della tassazione degli agricoltori e altre tasse. Questi sono i capitoli di una nuova legge che andrà approvata per sdoganare il miliardo previsto dall’accordo di prestito con l’Ue, in un quadro politico non certamente favorevole, un’opinione pubblica sicuramente aggressiva e una maggioranza silenziosa preoccupata del futuro e pronta a scendere in piazza. E poi ancora il rapace Fmi che suggerisce un ulteriore taglio agli stipendi del settore privato, mentre ormai è giocoforza tagliare anche quelli del settore pubblico.
Il “laboratorio ellenico” continua, ma non si è ancora capito se sia un esperimento per forgiare, dalle difficoltà, una sinistra moderna, improbabile, o per definire la percentuale di perdita di libertà di un Paese.