Negli anni Settanta il simbolo della Grecia democratica che combatteva il regime dei colonnelli era l’attrice Melina Mercouri. Una star. Oggi, il simbolo della lotta all’austerità ellenica è Yanis Varoufakis. Un’altra star, suo malgrado. Entrambi plusvalori da esportazione, ma con una differenza. Melina non ha mai deluso i suoi ammiratori, anzi è riuscita a creare un movimento di opinione europeo a sostegno del ripristino della democrazia. Si può dire altrettanto del suo compatriota? “Ho detestato lo star system tutta la mia vita. Sarebbe il colmo dell’ipocrisia godere di quel circo quando, per ragioni a me ignote, sono stato elevato su un ridicolo piedistallo”, confida a Il Corriere della Sera l’ex ministro delle Finanze, in una intervista in cui sono mancate le domande scomode. Ma gli è stato chiesto come stava. “Un fiore”, ha risposto il narciso.
Purtroppo soffre anche lui di una sindrome ellenica abbastanza comune: la colpa è sempre degli altri. Così sintetizza questo “difetto”, che accomuna lui e Tsipras, il vignettista Arkà: “Se fai uno sbaglio incolpi qualcun altro. Se fai molti sbagli incolpi il sistema. Se sbagli tutto vai alle elezioni (o al referendum, si potrebbe aggiungere)”. Star suo malgrado, si diceva. Ma è stato per caso obbligato a posare sulla terrazza di casa sua, vista Acropoli, per un settimanale patinato francese? Era una sua controfigura che compariva nel servizio fotografico che lo ha immortalato nella sua villa, con piscina, sull’isola di Eghina? Lo hanno costretto a sparare più di 40 interviste (calcolo all’ingrosso) in cui ha sostenuto tutto e il contrario di tutto? Non passava giorno in cui la sua creatività, ne ha molta, imbastiva nuovi scenari: moneta parallela, bit-coin, ispettori delle tasse improvvisati, ecc.
Nella lunga intervista neppure una parola di autocritica. Beh, però qualcuno poteva anche chiedergli se per caso avesse sbagliato tattica. Oppure se era consapevole che il suo partito era un caleidoscopio di idee e di strategie. O ancora se da Alexis Tsipras aveva ricevuto un mandato dettagliato. Ma poi ha sbagliato tattica? E quando mai. “Il referendum ci ha dato il 62% di appoggio per cercare un accordo onesto, senza cedere. Così avevo letto io il voto. Tsipras l’ha capito diversamente”. Quale “accordo onesto” aveva in mente? E poi quale accordo? Tutti le proposte presentate a Bruxelles erano bozze generiche di vaghe proposte. È vero, lui era il fautore dell’incertezza creativa. Che poi in politica porta alla sconfitta.
Ora Varoufakis si rituffa in politica, oltre gli stretti orizzonti dell’Egeo. “Presto ci sarà un annuncio ufficiale. Il partito Syriza che ho servito non esiste più. Si è smembrato per la nostra capitolazione. Non volendo unirmi a ciò che è emerso dalla frattura, ho guardato là dove anche il problema greco può trovare una soluzione: l’Europa”. All’Europa si era rivolto anche il suo mentore Alexis Tsipras, si è visto il risultato. Dice inoltre di stare “lottando con se stesso” per continuare a credere nell’euro e nell’Europa.
Forse il suo intervistatore avrebbe dovuto leggere i suoi commenti che pubblicava (periodo 2009-2014, a partire dal suo siluramento come consigliere economico del primo ministro socialista Jorgos Papandreou) sul giornale on-line “Protagon”. Beh, erano, nero su bianco, le sue visioni – oniriche – su euro ed Europa, cui basterebbe “una semplice dose di democrazia liberale” (si riferisce nello specifico all’Eurogruppo). In quelle riunioni – cui partecipava arrivando sempre in ritardo e sempre sbrindellato nel suo vestire quasi a dire che lui è un diverso, cioè un “marxista creativo” – è riuscito a creare disagio e irritazione. Eppure stava parlando a nome di un Paese che stava affondando, “ferito a morte”, secondo Varoufakis. Non lo ha sfiorato un briciolo di realismo?
Ma lui aveva già programmato il “piano B”. “Avrebbe avuto un costo altissimo, questo sì. Ma nel lungo periodo magari non più alto della costante sottomissione alla troika”. Il costo, in soldoni, sarebbe stato l’imposizione della “vita austera”. Ne aveva parlato durante il discorso del suo insediamento al ministero delle Finanze. Nel fine settimana successivo, è stato fotografato nella sua villa, con piscina, a Eghina. Non aveva capito che la società chiedeva esempi concreti e non idee evanescenti.
Di Yanis Varoufakis, come ministro, va ancora scritta tutta la storia. È sicuro, perché i loro, suoi e di Tsipras, sette mesi di governo hanno inciso profondamente nella storia di questo Paese. Lui da questa esperienza ne ha tratto vantaggi personali. I greci a breve dovranno stilarne il bilancio.