Non è mai successo che la percentuale degli astenuti (43,91%, a gennaio era del 36,38%) superasse quella ottenuta dal vincitore (35,47%). Invece è successo per la seconda volta che i sondaggi dessero per “moribondo” il partito di destra Anel (Greci Indipendenti). Pur ammaccato, entra in Parlamento e nelle stanze del potere. Sarà l’alleato fidato di Alexis Tsipras, che si prepara a varare un nuovo governo con una maggioranza di 155 voti.
Cos’è successo invece? Apparentemente nulla. Si leggeva sui social media: “Non erano elezioni, era un rimpasto di governo usando le urne”. Chi è andato a votare, una buona percentuale “turandosi il naso”, ha rimesso nelle mani di Syriza-Anel il proprio futuro. Ha offerto una seconda possibilità al giovane Tsipras e ha punito, per la terza volta in un anno, il vecchio sistema partitico. A Tsipras le elezioni sono servite per affermare che è lui il potenziale leader del futuro e che ormai il partito gli appartiene. In realtà si ricomincia, ma questa volta con altri termini. Finite le “battaglie” europee, finiti i tira-molla con i creditori, firmato un nuovo prestito, ora al nuovo governo spetta di votare i numerosi capitoli previsti dall’accordo di luglio e di ricostruire dalla fondamenta la struttura economica del Paese.
Sarà la politica interna la cartina di tornasole della tenuta della maggioranza. Che sia tra due anni o sia tra quattro anni, alle prossime votazioni i greci giudicheranno Tsipras e non voteranno più contro i vecchi partiti, i quali, si spera, si rinnovino alla radice. Se il suo governo saprà combattere l’evasione, gli sprechi e la corruzione avrà raggiunto dei buoni risultati. Se saprà riordinare la macchina statale, porre condizioni favorevoli per gli investitori stranieri e creare un clima interno di fiducia avrà raggiunto ottimi risultati. Francamente ai greci poco importa, oggi, se il loro voto cambierà gli equilibri europei. Il loro problema è una vita dignitosa, magari “austera”. Come a gennaio, i greci gli hanno chiesto di rimettere in piedi il Paese, gli hanno detto di aver fiducia in lui. Non hai mantenuto le promesse? Hai firmato un nuovo Memorandum, dopo aver buttato alle ortiche un possibile accordo a febbraio e rigettato la proposta Juncker? Hai chiuso gli sportelli bancari? Vinto un inutile quanto traumatico referendum? Poco importa, sembrano aver risposto i greci. Hai “combattuto” e hai perso, ma almeno hai provato a contrastare dei rigidi e famelici creditori.
207 giorni di governo Tsipras I sono stati una “parentesi di sinistra patriottica” o sono stati un lungo collaudo per preparare il Paese ad accettare nuove misure economiche asfissianti e la realtà a Syriza? Tsipras II riparte da dove si era fermato ad agosto quando sosteneva di aver firmato per evitare uno “scontro civile”, oppure, imparata la lezione, resterà incollato ai numeri imposti dall’ultimo accordo? Queste elezioni pongono fine al fronte allo scontro Memorandum anti-Memorandum, i dracmisti sono stati sconfitti come era prevedibile. Peccato, Lafazanis anziché andare alla Zecca dello Stato va a casa. E con lui personaggi politici impresentabili, eppure alcuni di loro erano ministri.
E adesso? Ad ascoltare i dibattiti televisivi, durante la nottata di domenica, sembrava di essere tornati alla notte di domenica 5 luglio, giorno del referendum e della vittoria del “no”. Più che commenti sul risultato (evasivi come al solito i rappresentanti di Syriza) la domanda più frequente è stata: e ora che cosa succederà? Il Memorandum III è stato firmato e votato (nelle sue linee di principio), da qui in avanti il governo dovrà presentare, entro un margine di 40 giorni, leggi e dare sostanza legislativa ai capitoli dell’accordo, sottoporsi alla nuova verifica europea dei conti, discutere sulla riduzione del debito, trovare 7 miliardi (tanto lo Stato deve ai privati) e iniziare a tagliare pensioni e privilegi.
Finora Tsipras ha sostenuto che è stato “ricattato”, che è stato “obbligato” a firmare, che la firma è stata una scelta “tattica”. Adesso dovrà dimostrare le sue reali intenzioni. A meno che la sua azione di governo non contraddica il programma elettorale di Syriza e le sue dichiarazioni fatte durante i comizi, in cui si riferiva a misure economiche “equivalenti” rispetto al dettato dell’accordo, cioè a un “programma parallelo”. Appunto, adesso che cosa succederà? Sarà lui, secondo i desiderata dei creditori, che applicherà quelle misure di austerità che i suoi predecessori non hanno avuto il coraggio di votare, oppure continuerà nella retorica della lotta per il cambiamento del Memorandum?
Entrambe le scelte comportano costi sociali ed economici alti. I greci sono preparati? Forse no. Chissà se tra un paio di mesi, dopo aver pagato tasse varie, aver visto ridurre la propria pensione, la percentuale del consenso verso Tsipras sarà ancora elevata? Ma d’altra parte non avevano altra possibilità di scelta. È la democrazia in tempo di Memorandum.