Una trattativa senza fine. Una lite senza fine. La Troika è ritornata ad Atene con intenzioni precise: tagli e riforme. Ai tagli “classici”, cioè quelli su cui da mesi si discute, i creditori hanno chiesto un ulteriore taglio al regime fiscale sui redditi da pensioni e stipendi e un ricalcolo della base imponibile. Serve, sostengono, a colmare il buco di 1,8 miliardi (l’1% del Pil). Un altro fulmine a ciel sereno. Fornire numeri e tabelle sulle proposte di tagli e sulle previsioni di bilancio sarebbe, in questo momento, come “dare i numeri”, tanta è la distanza tra governo e Troika.
È una partita in evoluzione, con tanti fronti aperti. Atene ha fretta di chiudere con la prima valutazione, ma non sembra disposta ad arrendersi. L’obiettivo è comunque arrivare a un accordo entro aprile. Poi si dovrà discutere sul debito pubblico – è lo zuccherino che ha offerto l’Eurogruppo come gesto di buona volontà per indurre i “syrizei” a votare le riforme, prima fra tutte quella del sistema previdenziale. Il ministro tedesco Schauble ha già fatto sapere che non si dovrà parlare di “haircut”, ma semplicemente di un’estensione delle scadenze e dei tassi di interesse. Alcuni economisti fanno comunque notare che senza una riduzione della quota capitale la decisione non porterà alcun beneficio all’economia. È di questo avviso anche la Seb (la Confindustria ellenica), la quale sostiene che senza investimenti l’economia non si riprenderà.
Eppure Tsipras insiste che a breve la Grecia avrà il suo “boom” di crescita. Lo ha affermato nel corso della conferenza stampa in occasione dell’incontro con Angel Gurria, segretario dell’Ocse che ha presentato l’analisi economica 2016 della Grecia. Evidentemente Tsipras deve aver letto male le 140 pagine del rapporto Ocse, in cui si leggono pesanti critiche al governo su come non sia riuscito a combattere l’evasione fiscale e dell’Iva. Questa battaglia persa comporta di conseguenza un continuo aumento delle tasse. Inoltre, si legge, la mancanza di riforme comporta una perdita annua di 14 miliardi. L’Ocse ha anche fatto due calcoli del costo del flusso migratorio: 600 milioni per il 2015. Per l’anno in corso i calcoli sono ancora piuttosto vaghi.
Può sembrare cinico, ma i profughi che vivono nel fango di Idomeni alleviano la pressione cui è sottoposto il governo. Nel “gioco” della comunicazione al primo posto restano sempre questi disgraziati che si ostinano a restare a ridosso del muro macedone, nell’illusione di poter passare. Ma la frontiera è stata chiusa ermeticamente. Così come la frontiera con la Bulgaria che ha mandato l’esercito a presidiarla, o quella con l’Albania, dove sono arrivati i primi carabinieri italiani. Dunque la Grecia è ormai isolata. La Turchia fa il suo gioco. L’Europa va in ordine sparso. Cipro minaccia di usare il suo veto sulle possibili trattative tra Bruxelles e Ankara.
Profughi e crisi economica sono anche i temi della canzone, “Utopian Land” che la Grecia presenterà all’Eurovision. Un misto di musica dei greci del Ponto e hip hop. I maligni hanno fatto notare che la videoclip della canzone è una copia di un’altra videoclip (“Rub Boy Run” di Woodkid).