Sangue sul Brexit. Il primo sangue sul destino di una Europa che non sa ritrovarsi. La morte di Jo Cox, la parlamentare laburista sostenitrice della campagna del Remain, trucidata a Bristall da un uomo, Tommy Mair, che avrebbe urlato “Britain First”, motto nazionalista, prima di ucciderla. 

David Cameron aveva ammonito il popolo britannico ipotizzando che il Brexit avrebbe avuto conseguenze non solo economiche ma che nel giro di pochi anni avrebbe potuto riportare il conflitto e l’odio in Europa. L’odio è arrivato. Sordo e cupo. Come cupa e sorda è stata nel “secolo breve” la stagione delle ideologie e dei nazionalismi. Quella stagione che ha generato nel dolore il progetto politico di un’Europa unita, capace di guarire dall’odio il vecchio continente. 



Ma l’odio è rinato, unica costante nella vita di una Europa vecchia e stanca, rassegnata a guardarsi in cagnesco, con i vecchi sospetti di sempre tra francesi, inglesi, tedeschi. Una saga di pregiudizi e diffidenze, condita dall’incubo migratorio che prevale sulla direzione di speranza che aveva caratterizzato la prima stagione europea fino alla caduta del muro di Berlino. Eppure forse il risultato più importante era arrivato dopo, nel 2004, quando cento milioni di europei dell’est erano entrati nel mercato comune. Vincendo la storia amara della lunga dittatura comunista che li aveva emarginati per decenni. 



Ora tutto è più difficile. Il sangue di Jo Cox, come quello dei soldati inglesi sepolti a Montecassino e morti per liberare l’Europa dal nazifascismo, interroga le generazioni di oggi. Cosa chiede questo inatteso e drammatico sacrificio? Cosa rimane dell’orizzonte buono disegnato dall’amicizia cristiana dei padri fondatori? E’ utopia l’Europa unita? O è la sola arma a disposizione di chi vuole evitare un nuovo immane disastro? Nel silenzio voluto con responsabilità dai promotori delle diverse posizioni sul Brexit per rispetto della morte di Jo Cox gli inglesi troveranno la risposta. Dio aiuti gli inglesi.