“There is a solution for the situation in Catalonia:reform Spain into a federal state in a federal Europe”. FULL VIDEO bit.ly/2xhFdle
A parlare così non è un commentatore qualsiasi su Twitter ma Guy Verhofstadt, più volte primo ministro del Belgio e leader dei liberali europei in Parlamento Europeo. La soluzione che vaticinava per la soluzione del problema catalano era appunto una riforma in senso federale della Spagna collocata in una Europa federale.
Il tweet è del 4 ottobre preceduto da uno del primo ottobre dove il capo del gruppo che in passato ha ospitato esponenti dei partiti che hanno spinto per l’indipendenza parla addirittura di “soluzione negoziata” per il referendum catalano. Ma solo pochi giorni dopo Verhofstadt si rimangia tutto e parla degli indipendentisti come di folli. Lui non è un politico qualsiasi, è un po’ il simbolo delle istituzioni comunitarie. Consultato tanto dal presidente della Commissione europea quanto da molti capi di governo. Non nuovo a plateali ripensamenti, basti pensare a quando ha inglobato nel gruppo liberale e poi cacciato i grillini italiani nel giro di 48 ore.
Possibile che a Bruxelles qualcuno avesse incoraggiato Puigdemont sicuro di una posizione meno rigida di Madrid? Sembrerebbe crederlo lo stesso ex presidente della Generalitat di Barcellona a giudicare dalle dichiarazioni fatte a Bruxelles in conferenza stampa.
Puigdemont ha parlato in francese, catalano, spagnolo e inglese. Nel suo intervento non spiega perché sia venuto a Bruxelles e quanto intenda rimanerci.
Ma in questa maniera Puigdemont si rimette al centro della scena, non più soltanto catalana e spagnola, ma anche europea. Un modo per cercare quella internazionalizzazione del processo indipendentista che finora è fallita, visto che finora l’Ue non ha ascoltato gli appelli alla mediazione.
Per poter chiedere asilo in uno Stato membro dell’Ue bisogna riuscire a dimostrare che sussiste il serio rischio di una grave persecuzione. Difficilmente ciò avviene in Europa, e appare difficile che Puigdemont possa chiederlo e ottenerlo. Lui nega di volere asilo, salvo iniziare a parlare dei rischi che lo attendono in Spagna. “Cerco delle garanzie che per il momento non ci sono in Catalogna. Non c’è desiderio di giustizia, ma di vendetta”. E poi, ricorda, secondo la legislazione nazionale “oggi il reato di ribellione è equiparato al reato di terrorismo”. Ecco servite le premesse per un’eventuale dimostrazione di persecuzione. “Sono qui a Bruxelles in quanto capitale dell’Europa. Ho deciso di venire non in Belgio ma a Bruxelles, che è la capitale dell’Unione Europea, perché per noi questa è una questione europea”.
Era una questione europea. Poi tra gli gnomi di Bruxelles che come Verhofstadt possono aver soffiato sul fuoco si è diffuso il panico. E chi aveva promesso supporto ha fatto marcia indietro di fronte alla rabbiosa reazione della monarchia spagnola e del ruvido Rajoy. E Puigdemont è rimasto solo. E l’Europa è rimasta muta.