“E’ un errore considerare l’immigrazione un problema e non invece un’opportunità strategica per generare sviluppo sostenibile: a maggior ragione per un sistema-Paese come l’Italia che ha costruito la sua storia di crescita attraverso il confronto e il dialogo con il Sud, l’Ovest e l’Est, molto meno con il Nord”. Francesco Conforti interviene a nell’aula magna dell’Università di Bari, dove si tiene il l’Advantage Footprint for Trade and Growth; uno dei quattro momenti di alta riflessione culturale che l’Università di Bari ha organizzato mentre in città è in programma il G7 dei ministri finanziari in vista dell’appuntamento finale di Taormina. Poche ore prima ha parlato il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, nel pomeriggio è in arrivo la lecture di Angus Deaton, l’economista di Princeton premio Nobel 2015.
Introducendo il seminario di Advantage Financial – dedicato alla crescita ecosostenibile – il rettore dell’ateneo barese, Antonio Felice Uricchio, ha citato i testi di Papa Francesco come nuova sintesi di pensiero sulla “produzione di valore rispettando i valori”. Il patron di Advantage rinnova una riflessione-appello: “Senza attenzione ai cambiamenti demografici, alle prospettive reali della globalizzazione, senza un’interpretazione dei macro-percorsi economico-sociali in chiave di sostenbilità, nessuna crescita meritevole di questo nome è possibile”.
Le sfide storiche cui è chiamata oggi a confrontarsi l’Italia non sono contraddittorie o conflittuali. Gestire la tradizionale apertura mediterranea ai flussi migratori non è incompatibile con l’esigenza dell’Azienda-Paese di mantenere competitivo il suo motore industriale. “Saper fronteggiare in modo intelligente e socialmente responsabile gli arrivi migratori non è lontano da imperativi strategici come sostenere un Made in Italy fondato sulle Pmi”. (All’appuntamento di Bari ha partecipato anche Karole Kariuki, presidente del Kepsa, la maggiore organizzazione imprenditoriale del Kenya: uno dei principali mercati-laboratorio nei quali Advantage testa progetti di sviluppo sostenibile inseriti nelle grandi correnti della cooperazione internazionale: quelli rilanciati dall’Agenda 2030, riassunta a Bari dall’ambasciatore Sergio Mercuri).
“La diversità è un valore – rimarca Confuorti – e bisogna essere completamente attenti a ogni direttice, a ogni profilo dei fenomeni che chiamiamo crescita: l’interscambio commerciale fra Italia e la Tunisia è confrontabile con quello della Romania”. E’ per questo che Advantage, ricorda il presidente, in dal 2012 ha messo in campo un pacchetto organico di iniziative nella sua Footprint for Trade and Growth. L’accordo con l’Università di Bari per lo studio dei processi di Ricerca & Sviluppo orientati alla sostenibilità è la più ecente, ma non la meno importante, ha sottolineato Confuorti, fra l’altro console onorario del Kenya in Italia. Architrave di Footprnt resta greenmango.com, una piattaforma di economia sostenibile che copre ambiti come B2B, credito e consumi alimentari sostenibili, case e beni durevoli.
La mutazione benigna della strumentazione finanziaria – in particolare la migrazione dei bond brown to green, verso il “verde” – resta naturalmente centrale. così come l’intimo nesso fra creatività ed ecosostenibilità nel Made in Italy (uan testimonianza originale sull’esperienza dell’area di Taranto fra Ilva e porto è giunta da Vera Corbelli,commissario straordinario alla bonifica e riqualificazione). Non da ultimo – nel dibattito moderato da Paolo Messa, direttore del Centro Studi Americani – è stato Mustapha Nabli, oggi alla Banca Mondiale dopo aver guidato la Banca centrale tunisina a focalizzare le relazioni dinamiche fra demografia, cicli economici, imprenditorialità ed occupazione nell’Africa subsahariana.
La riflessione conclusiva è stata affidata al presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini, che ha proposto il caso delle food bank (esemplare l’italiano Banco Alimentare), contenitore unitario e originale di esperienze diverse fra economia, società, trend tecnico-scientifici e dinamiche geopolitiche. Nato negli anni ’60 nel luogo più avanzato del pianeta, gli Usa, il format food bank risponde anzitutto a sfide problematiche poste dallo sviluppo: lo spreco di cibo e i rischi connessi all’emissione di gas, mano a mano che le conoscenze scientifiche e la coscienza ambientale ne fanno emrgere gli impatti. La ripercussione ambientale di 1.3 G-ton di cibo buttato via ogni anno è virtualmente quello del terzo paese emittente di C02 nel mondo, contro-prodotto di 1,5 miliardi di ettari di terreno coltivato, 250 chilomteri cubi di acqua sprecata (tre volte il lago di Ginevra).
Le migliaia di food bank operanti oggi in 34 paesi sono una risposta organiozzativa evoluta a un’esigenza complessa di sviluppo sostenibile: sono un canale di distribuzione/redistribuzione di risorse preziose, si tratti di soccorrere le periferie delle metropoli occidentali o di fronteggiare le ondate migratorie odierne attraverso il Mediterraneo. Nel 2016 le 256 food bank raccolta nella federazione europea hanno distribuito 535mila tonnellate di cibo a 6,1 milioni persone. Sono state neutralizzate emissioni per 930mila tonnellate di emissioni di C02 equi0valenti e 55 milioni di metri cubi di acqua. Poi c’è stata naturalmente tutta la generazione di valore intangibile: l’inclusione sociale, la valorizzazione volontaristico di competenze, la circolazione di valori educativi. La sussidiarietà in azione su scala globale.