Dopo gli Emirati Arabi, che grazie ad accordi speciali con gli Stati Uniti sull’invio da fuori di uranio impoverito hanno completato il primo reattore nucleare del mondo arabo, adesso l’Arabia Saudita ha chiesto colloqui con Washington per poter realizzare ben 16 reattori nucleari entro il 2030. La giustificazione che servano per scopi pacifici, come annunciato, però non convince: “Ci siamo dimenticati di quando l’Arabia Saudita stava per comprare una bomba atomica dal Pakistan in caso l’Iran avesse completato il suo piano nucleare” spiega Gian Micalessin, inviato di guerra del Giornale ed esperto del mondo arabo. È, aggiunge, una mossa chiaramente anti-Iran, che però “non tiene conto dei gravi rischi che comporta”.
L’Arabia Saudita ha annunciato l’intenzione di costruire 16 reattori nucleari. Come valuta questa notizia?
È chiaramente un’iniziativa anti-Iran. Ricordiamoci che qualche anno fa ci fu il sospetto che l’Arabia si fosse messa d’accordo per acquistare la bomba atomica dal Pakistan in caso l’Iran fosse riuscito a finalizzare il suo piano nucleare.
Dunque quello saudita è un bluff. Che scenario comporta questa decisione, se gli Usa daranno l’ok, come sembra siano intenzionati?
È inquietante che gli americani pensino sostanzialmente ad avallare le pretese nucleari di un regno che in realtà non è così stabile come viene dipinto.
In che senso?
Il principe ereditario Mohamed Bin Salman, che di fatto ha preso il posto del padre colpito da gravi problemi mentali, ha avviato purghe che sicuramente gli hanno creato nemici anche all’interno della famiglia reale. C’è poi la domanda concreta di fino a quando la parte fondamentalista del Paese, il clero wahabita, accetterà le ventilate riforme promosse dal principe. Potrebbero insorgere contro di lui. La stessa legittimità del principe è stata messa in dubbio da molti all’interno del regno e si dice che la sua successione non sia stata decisa con le regole fino a oggi sempre utilizzate. E poi basta pensare a come sono stati fatti fuori dai giochi l’ex primo ministro che era designato alla successione e altri come lui.
Un regime, dunque, che non promette stabilità, con il rischio che le armi nucleari cadano in mani fondamentaliste?
Non è un regime stabile né democratico né pacifico. Nello Yemen i sauditi non stanno dando alcuna prova di moderazione, bombardando in modo indiscriminato le postazioni dei ribelli, ma anche funerali e matrimoni, mietendo centinaia di morti fra la popolazione civile.
Trump però sostiene questo regime…
L’atteggiamento americano lascia perplessi, non si capisce perché l’Arabia Saudita abbia diritto al nucleare e l’Iran no, dato che nessuno può dire che uno dei due Paesi sia più democratico dell’altro e meno guerrafondaio.
Israele ha di recente stretto una collaborazione con l’Arabia in chiave anti-iraniana, ma ha sempre dichiarato che nessun altro Paese può avere armi nucleari nel Medio Oriente. Cosa farà nel caso che il progetto abbia successo?
Il nemico esistenziale per Israele è e resta l’Iran. Dal punto di vista della strategia israeliana gli iraniani sono gli unici a poter mettere a dura prova la superiorità militare di Israele, nessun altro Paese del Medio Oriente è considerato pericoloso: gli israeliani lo hanno provato sulla propria pelle con gli Hezbollah. Gli altri nemici in Medio Oriente sono da operetta, in primis l’Arabia stessa, che ha sì un esercito ben armato, ma che non resisterebbe neanche un giorno contro Israele. Le bombe atomiche saudite farebbero meno paura di quelle iraniane, anche se non è detto che Israele abbia ben capito la fragilità del regno saudita e l’eventualità che future bombe nucleari finiscano in mano a gruppi estremisti.
Tutto questo ci porta a parlare di Siria, un Paese dove ormai lo scontro è di tutti contro tutti e dove anche Iran e Arabia Saudita giocano ruoli precisi. Era prevedibile che la fine della guerra all’Isis portasse a questo caos totale?
Forse quando il Papa parlava di guerra mondiale a pezzetti già nel 2014 ci vedeva lungo. È chiaro a tutti, adesso, che il conflitto siriano sconta le folli strategie di Obama: aver pensato di abbattere un regime senza fare i conti con l’Iran, con la Turchia, con la Russia, ma soprattutto con il passato, cioè con altre crisi come quelle irachena e libica: abbattere un regime dittatoriale porta caos e disordine.
(Paolo Vites)