Dalla morte del fratello Beau alla lotta contro l’alcolismo e l’abuso di droghe: Hunter Biden, figlio del presidente americano Joe, si è raccontato senza filtri nell’autobiografia “Beautiful Things”, che uscirà martedì negli Usa e poi a gennaio in Italia. Una discesa agli inferi iniziata nel 2015, con la morte del fratello maggiore, sconfitto da un tumore al cervello…
«Negli ultimi cinque anni il mio matrimonio è terminato dopo venti anni di convivenza felice, mi sono trovato più volte con una pistola puntata alla testa e ad un certo punto mi sono eclissato da tutto e da tutti, rintanandomi in una stanza da 59 dollari a notte in un motel sull’interstatale I-95, gettando nel panico i miei familiari, oltreché me stesso», uno dei passaggi contenuti nell’autobiografia di Hunter Biden.
HUNTER BIDEN E LA DIPENDENZA DA ALCOL E DROGA
«Dopo la morte di Beau non mi sono mai sentito così solo, ho perso la speranza», ha raccontato Hunter Biden nella sua autobiografia, ringraziando la seconda moglie Melissa Cohen Biden per averlo aiutato a rimettersi in sesto, insieme all’amore del padre Joe e del fratello defunto. Prima di incontrare l’attuale coniuge, Hunter Biden ha spiegato di aver attraversato la dipendenza da alcol e droga, la riabilitazione e infine la sobrietà. «L’alcol sembrava risolvere ogni domanda senza risposta sul perché mi sentissi come mi sentivo. Ha portato via le mie inibizioni, le mie insicurezze e spesso il mio giudizio», ha aggiunto Hunter: «Mi ha fatto sentire completo, ha riempito un buco che non avevo nemmeno realizzato fosse lì». Poi la dipendenza dalla droga, dalla cocaina e dal crack. Hunter Biden ha voluto anche ringraziare il padre Joe per il costante supporto: «Cerca sempre di ricordarmi che non tutto è perduto, non mi ha mai abbandonato, mai evitato, mai giudicato a prescindere dai miei pessimi comportamenti».