Nel 2022 gli acquisti di ortofrutta al dettaglio nel nostro Paese hanno perso 500 mila tonnellate rispetto al 2021, l’equivalente, in termini di volume, delle perdite di tutto il quinquennio precedente. Significa che i consumi si sono fermati a quota 5,47 milioni di tonnellate, l’8,6% in meno del 2021, generando una spesa totale vicina agli 11,9 miliardi di euro, leggermente inferiore a quella del 2021 (-1%), ma in linea con il quinquennio, a causa dell’incremento dell’8,6% dei prezzi medi.
Lo dimostrano i dati che emergono dal Report di CSO Italy sui consumi dello scorso anno, che evidenziano come il calo abbia interessato tutte le specie – toccando più gli ortaggi (-9,4%) che la frutta (-7,8%) – e si sia accompagnato a una crescita del prezzo medio al dettaglio su tutti i prodotti e in tutti i canali di vendita. Una concomitanza che però non deve essere immediatamente sovrapposta a un rapporto di causa-effetto.
“L’aumento c’è stato – commento Elisa Macchi, direttore di CSO Italy –, ma va detto che su un prodotto che costa mediamente 2 euro/kg, impatta pochi centesimi di euro. Teniamo, infatti, in conto che dagli ultimi dati ISTAT disponibili la spesa per l’ortofrutta incide solo per una quota pari al 4% sulla spesa familiare complessiva e, con l’aggiornamento al 2022, probabilmente questa quota sarà destinata a diminuire, vista la crescita di altre importanti voci che compongono la spesa, come l’energia. Quindi, attenzione a trovare una correlazione così perfetta tra aumento dei prezzi e calo dei consumi di ortofrutta; la corrispondenza certamente esiste, ma va collegata a uno scenario più ampio, a una situazione economica generale che ha impattato sulle famiglie, portate a fare scelte volte al risparmio per quelle voci di spesa che possono essere in qualche modo ridotte, a fronte di quelle che possono solo essere subite”.
Va poi detto che sul trend incidono anche altre variabili produttive: “Per alcune specie frutticole – spiega Macchi – una forte influenza sulle dinamiche di acquisto è dipesa anche dalla disponibilità di prodotto, per diverse specie veramente limitata, che ha finito per accorciare la campagna di commercializzazione e quindi la presenza del prodotto sul mercato, portando peraltro a un conseguente innalzamento del prezzo”.
I dati segnalano poi che la contrazione degli acquisti ha toccato in modo più significativo la fascia di età più matura dei consumatori, quella oltre i 65 anni, che rappresenta in Italia quasi un terzo dei responsabili d’acquisto, ovvero delle persone che all’interno dei nuclei familiari si incaricano di fare la spesa. Una notizia preoccupante chi se ne contrappone però un’altra più positiva, almeno in chiave prospettica: la fascia più giovane – quella under 34 – che rappresenta solo il 17% dei responsabili d’acquisto e accentra il 6% dei volumi – ha registrato una variazione positiva, con un +21% sul 2021.
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