“Mettete nei fiori nei vostri cannoni”. Ci sono foto bellissime delle prime manifestazioni degli studenti americani contro la guerra nel Vietnam dove si vedono (gli allora) ragazzi infilare fiori nelle canne dei fucili spiegati della polizia e puntati contro di loro. Era l’ingenuità e la bellezza di un modo di manifestare che poi è finito nella violenza, quella della polizia in primis, come all’università dell’Ohio dove spararono senza pietà sui manifestanti uccidendone quattro, giovanissimi. Episodio immortalato nella canzone Ohio di Neil Young. Poi la violenza si diffuse da ogni parte, fino ad arrivare alla nascita dei tristemente famosi Black bloc, sempre in America nel dicembre 1999 quando a Seattle la gente scese in piazza contro la Conferenza ministeriale del WTO. Da quei giorni si diffusero in tutto il mondo, gruppi di anarchici contro tutti e tutti, quelli che misero a ferro e fuoco la città di Genova durante le pacifiche manifestazioni contro il G8 nel luglio 2001. Ma già dagli anni 70 in Italia le manifestazioni avevano visto prendere il potere da parte di gruppi violenti come i Katanga, il servizio d’ordine del Movimento Studentesco, che si muovevano con spranghe d’acciaio e caschi da motociclisti per attaccare le forze dell’ordine.
Ma questi movimenti erano caratterizzati anche da una divertente autoironia, come alcuni slogan del Maggio francese, che recitavano “Ho qualcosa da dire, ma non so cosa”, “Professori voi ci fate invecchiare” fino allo straordinario “Siate realisti, chiedete l’impossibile”.
Una sorta di gioiosa voglia di manifestare sopravvive ancora oggi, nonostante le violenze terribili che siamo abituati a guardare in tv. Accadono cose curiose, che allentano il clima, fanno emergere l’autentico spirito di chi manifesta. In questo senso uno dei momenti più belli e commoventi fu l’esibizione al violoncello del Maestro Mstislav Rostropovich che l’11 novembre 1989, due giorni dopo la caduta del muro di Berlino, nella confusione di massa di quei giorni, si mise a suonare il suo strumento davanti al muro: “’Quel maledetto muro ha diviso la mia vita, è stata una lacerazione per il mio cuore. Nel 1974 l’Unione Sovietica mi ha buttato via come uno straccio, prima di allora non potevo suonare a Berlino Ovest, dopo non potevo andare a Berlino Est” disse.



BALLARE CONTRO LA VIOLENZA

Aggiungendo che quel giorno “Non volevo suonare per la gente, ma per ringraziare Dio di quello che era accaduto. Quando sono arrivato lì ho dovuto chiedere in prestito una sedia ad un abitante di Berlino. Ho suonato arie con accordi maggiori perché ero felice, la mia vita si era riunita. Poi ho visto un giovane ed ho pensato che per quel muro erano morte molte persone. Allora ho suonato un’aria in re minore. Alla fine quel giovane si è messo a piangere”. Anche questo è un modo di manifestare.
Ci sono scatti virali in rete di giovani che si baciano per strada mentre la polizia sta caricando. Nel 2015 in India, paese dove la legge vieta di baciarsi in pubblico,  i giovani di Nuova Delhi hanno provato a combattere con “Kiss of love”, la giornata del bacio in pubblico proprio per protestare contro chi quel bacio vuole vietare. La polizia replicò arrestandone 70.
L’ultimo episodio del genere è quello che è accaduto in Piazza Italia nella capitale del Cile, teatro in questi giorni di scontri violentissimi. Due ragazzi, vestiti di nero, si sono messi a un certo punto, in mezzo ai lacrimogeni e ai fumogeni, a ballare  sulle note di “Regresa”, del gruppo Chico Trujillo che unisce la cambia tradizionale a musiche originali. Un bel,lo sensuale, pacifico, come a dire: la violenza non vincerà mai. Sarebbe bello che tutte le manifestazioni fossero così. La bellezza, quel girono a Santiago in Cile, ha battuto la violenza.



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