Parlare con l’ingegner Andrea Margaritelli non è solo un piacere, per la sua gentilezza e competenza, ma soprattutto per quello che si scopre dal suo racconto. Nell’Italia della crisi, del sistema produttivo inceppato, delle imprese troppo piccole, tocchi con mano la realtà di un’impresa dell’Umbria, che di generazione in generazione, dal 1870 a oggi, ha conosciuto le sue crisi e le sue risalite, attraverso diversificazioni e innovazione, per diventare oggi l’eccellenza delle eccellenze nella pavimentazione in legno delle case, quello che i comuni mortali chiamano parquet. Sede a Perugia, ma aziende e presenza in trenta Paesi del mondo, con 600 punti vendita, di cui 300 all’estero. Una realtà di mille dipendenti, di fronte alla quale occorre togliersi il cappello. Andrea Margaritelli è il responsabile marketing di quel marchio famoso in tutto il mondo che si chiama “Listone Giordano”.
Ingegnere come è saltata fuori questa eccellenza nella pavimentazione in legno della case?
Da una tipologia di parquet che hanno brevettato mio padre e il professor Guglielmo Giordano. Era il 1984. L’anno di una delle tante svolte della nostra azienda, un nuovo tipo di lavorazione che abbiamo messo a punto.
Ma lei lo sa che oggi si compra il parquet all’Ikea a 10 euro al metro quadro?
Ognuno compra quello che vuole, ma lei in genere prende una riproduzione del parquet. Si può prendere una riproduzione della “Gioconda” e magari sta anche bene in una casa. Ma, mi permetta, la “Gioconda”, quella vera è un’altra cosa. Noi abbiamo una gamma di prodotti per la pavimentazione con prezzi che vanno dai 30 ai 300 euro al metro quadrato. In questo caso siamo come nel mercato automobilistico: c’è l’utilitaria e poi la grande macchina. Noi puntiamo su una grande qualità. Nel più alto grattacielo del mondo il Burj Dubai ci sono i nostri pavimenti.
Una curiosità. Con queste eccellenza di lavorazione, fate anche le vecchie boiseries che rivestono le pareti di decorazioni di legno pregiato?
È un mercato più ridotto che facciamo nell’ambito del “contract” per grandi alberghi (testate di letto, boiserie nei saloni delle conferenze). Sono disegnate da grandi designer di valore mondiale.
Ma vi limitate a questa produzione?
No. Il nostro gruppo industriale è sostanzialmente diviso in tre direzioni. La prima è quella della pavimentazione di legno. La seconda è quella delle traversine che servono a legare i binari delle Ferrovie, su cui puntavano molto soprattutto nell’immediato dopoguerra, quando si era in epoca di ricostruzione. Il terzo settore è molto diversificato: è quello dei veicoli industriali. Facciamo i rimorchi dei camion, dei tir, quelli che trasportano in Italia l’80% della merce. I rimorchi sono fatti di acciaio ovviamente, ma i pianali sono in legno, una tipologia specifica.
Voi il legno lo importate?
Il legno “principe” che noi lavoriamo è il rovere, il più adatto per resistenza. Rovere significa quercia. In Italia questa cultura del bosco, della forestazione non esiste. Chi l’ha difesa e tramandata nei secoli è stata la Francia, la Borgogna in particolare. Lì si sono proprio difese foreste di querce fin dalla fine del 1600. Il legno di quelle piante era considerato strategico, ci si costruivano le navi. E noi in Borgogna abbiamo un’azienda. Abbiamo nella Francia quasi una seconda patria.
Ma la storia della vostra grande azienda è curiosa, con cambiamenti e adattamenti continui.
Cominciarono nel 1870 con un altro tipo di produzione. Poi fu mio nonno, nel 1904 a dare la svolta vendendo legno da ardere, che in quel tempo significava energia. Poi, dopo l’ultima guerra, un’altra generazione di Margaritelli si buttò nelle traversine per le Ferrovie. Era l’epoca della ricostruzione e quello fu un grande lavoro. Poi è arrivata la svolta del 1984 con la pavimentazione, anche perché le traversine di legno nelle ferrovie venivano sostituite da quelle di metallo.
Insomma, una lunga storia di adattamento.
Sì, certamente, sapendo affrontare anche momenti di difficoltà, di passaggi difficili.
Ma le Ferrovie, quelle dello Stato, onorano i loro debiti?
Abbiamo sempre avuto un buon rapporto e continuiamo ad averlo.
Non vi siete limitati a questa produzione che avrebbe potuto essere una sorta di rendita.
Siamo presenti in 30 Paesi del mondo, con seicento punti di vendita, tra Italia, Europa e paesi come la Cina, la Corea. Siamo presenti nelle più grandi capitali del mondo.
Scusi ingegnere se la riporto in Italia. Quali problemi avete avuto in questa crisi che parte dal 2007-2008?
Prima si fermò l’export, proprio all’inizio, dopo è venuto il blocco del mercato in Europa e in Italia. Poi una lenta ripresa all’estero, mentre diventava problematico il mercato italiano Se nel giugno del 2008 eravamo come fatturato sopra di un 15%, la gelata arrivò in settembre. Oggi la crisi si sente, ma con diverse accentuazioni. Si può considerare che la pavimentazione e il settore delle traversine non soffrono tanto. È il comparto dei veicoli industriali, con la crisi che subiscono gli autotrasportatori, che si è veramente bloccato. I problemi con le banche sono normali, io non mi posso lamentare. Non è questo il problema per noi.
Dovete fare i conti con una pressione fiscale non indifferente.
Quella non è più un aspetto marginale. È indubbiamente insopportabile. Spesso dico che noi italiani siamo tutti d’accordo a difendere il nostro patrimonio ambientale, siamo sempre tutti d’accordo a difendere il nostro grande patrimonio culturale e artistico, ma non capisco perché non siamo d’accordo a difendere il nostro patrimonio imprenditoriale, che ha una grande tradizione e crea la ricchezza di un intero Paese.
Puntate molto sull’export?
Lo abbiamo sempre fatto e in certi periodi siamo arrivati a un equilibrio che sarebbe ottimo mantenere: 50% di export e 50% di mercato interno. In questi anni non abbiamo sempre rispettato questa proporzione, ma non ci siamo neppure discostati di molto.
(Gianluigi Da Rold)