Sì, esiste l’incredibile in questo Paese. Esiste la “fiaba” vera degli imprenditori che si sono formati dal nulla, avendo solo un mestiere in mano che oggi nessuno si mette in mente di fare: il falegname. Silvia Poli è Amministratore delegato di “Imola Legno”, azienda che importa legname da tutto il mondo e di tutte le specie. Le scagliette di legno dell’“osb”, un pannello per costruzioni resistentissimo, usato nelle case americane, Imola Legno ve le assicura. Oggi la signora Poli, tra l’altro gentilissima, sposata con un americano ma ben trapiantata nella sua Imola, ricorda che l’azienda, il gruppo, con diverse imprese separate e collegate, nasce formalmente nel 1977 e compie quest’anno 35 anni di vita. Ma a Imola, la famiglia Poli, fin dall’inizio del Novecento, era una famiglia di falegnami di grande livello. «Mio nonno e il mio bisnonno facevano i falegnami. Ora c’è mio padre Enzo, ci sono anch’io. Guardi, proprio mia cugina, in un uno studio universitario, ha ricordato la storia di questa impresa, della mia famiglia con delle cose che avevamo completamente dimenticato, oppure nemmeno sapevamo».
Siete diventati un “piccolo impero” in Italia e come commercianti di legname potete dire la vostra a livello mondiale.
Questo lo lascio dire a lei. Noi in Italia siamo il “polmone” che fornisce il legno a chi lo lavora per tutti i motivi e le ragioni che si conoscono. Oggi trovare legno in Italia è difficile, complicato, per cui noi lo importiamo da tutto il mondo, dall’Europa, dal Canada, dalla Russia, dall’Africa, dall’Asia, da tutto il mondo, qualsiasi tipo di legno. Lo stocchiamo in grandi magazzini e poi lo commerciamo.
Quanti magazzini avete?
Fondamentalmente quattro. Quello di Imola, quello di Molfetta, quello all’interno del porto di Livorno, fuori dogana, cioè materiale non ancora “nazionalizzato”, quello di Lugo di Romagna. Ma tra le nostre aziende abbiamo anche un piccolo negozio a Imola, di un’impresa collegata che fornisce dal “fai da te” fino alla possibilità di costruire una casa di legno.
I maggiori problemi che dovrete affrontare sono quelli logistici?
È chiaro che la logistica è la parte determinante del lavoro della nostra impresa. A Lugo abbiamo un terminal ferroviario di otto chilometri e uno spazio anche per il trasporto su gomma. Con una convenzione con le Ferrovie, tre volte alla settimana, usiamo due treni. Uno viene dall’Austria, da Villach, e arriva fino a Giovinazzo, vicino a Molfetta, dove di fatto c’è il magazzino che serve per il mercato del Mezzogiorno. La convenzione ci sta bene, si lavora bene, trasportando il nostro e anche altro materiale. Di fatto, abbiamo acquistato la “traccia” che fanno questi treni.
Siete degli importatori e quindi lavorate poco sull’export.
Sì, lavoriamo per il mercato interno italiano. Il nostro fatturato ha solo un 3% di export. Ma ora dobbiamo inevitabilmente attuare altre strategie aziendali, Il mercato interno è bloccato. Si è fermata completamente l’edilizia, il mercato delle costruzioni. Da quanto ci dicono, sia a FederlegnoArredo, sia in Confindustria, il mercato italiano sarà fermo per molto tempo e quindi è inevitabile cambiare strategia.
Avete risentito della crisi?
Guardi, fino al 2007 questa era un’azienda in grande espansione. Ogni anno assumevano persone e crescevamo. Ora siamo fermi a 250 dipendenti, ma stiamo facendo il percorso opposto a quello fino al 2007. La crisi finanziaria ci ha veramente nuociuto. Ad esempio, abbiamo dovuto chiudere il magazzino che avevamo costruito a Verona. Insomma, si è ristretto il margine di investimento, le possibilità di espansione. Al momento ce la caviamo ancora perché l’azienda è ben patrimonializzata e avevamo le spalle coperte, ma la situazione è veramente complicata e ci impone di fare nuove scelte.
I problemi più importanti che avete di fronte?
La crisi innanzitutto; poi i problemi burocratici e la pressione fiscale. Guardi, c’è anche il problema degli “insoluti”, dei tempi di pagamento. Qui siamo stati attenti a selezionare bene i clienti, a costituire un team che lavora molto bene nel recupero dei crediti. C’è il lavoro che facciamo con alcune aziende controllate dallo Stato e lì, naturalmente, i tempi di pagamento sono biblici.
Parlava di burocrazia, signora Poli.
Il problema della burocrazia non è tanto nella sua presenza, quanto nella confusione delle norme e dei funzionari spesso non informati. Non si hanno mai regole certe. In Emilia ne esistono alcune rigidissime per quanto riguarda i rifiuti, in Lombardia no. Moltiplichi il tutto per centinaia di problemi. Si Perde continuamente tempo per regole non certe, per regole che mutano in continuazione.
Poi la pressione fiscale.
Insostenibile, al limite della sostenibilità. Mio marito è americano e guarda la Cnn. Qualche settimana fa negli Stati Uniti c’era quasi un’indignazione generale perché le tasse federali si assommavano a quelle degli Stati per una complessiva pressione fiscale intorno al 35%. Pensi che se io faccio il conto complessivo arrivo a oltre il 60%.
Infine, i problemi del credito, quello con le banche.
Noi ci siamo salvati, abbiamo aperto buoni canali. Ma il mio pensiero è che le banche ritornino a svolgere la loro funzione: prestare soldi alle famiglie e alle imprese, non mettersi a fare altre cose. Chissà se le banche, la classe dirigente di questo Paese, si sta rendendo conto che, in questo modo, si sta disperdendo un patrimonio imprenditoriale eccezionale. In fondo quando guardo alla storia della mia famiglia penso anch’io di appartenere a questo patrimonio nazionale, italiano.
(Gianluigi Da Rold)