Ecco un’altra storia di straordinaria normalità italiana. Conegliano Veneto, un luogo d’incanto, con un’impresa che lavora il legno fin dal 1775. Non abbiamo sbagliato data, l’attuale Azienda Giobatta&Pietro Garbellotto esisteva prima della presa della Bastiglia, lavorava mentre si consumava la Rivoluzione americana e a Conegliano sventolava ancora la bandiera della “Serenissima Repubblica di Venezia”. Se il legno delle navi della Serenissima arrivava dal Cadore, ci pensavano a Conegliano a costruire le botti di legno di rovere (il migliore in questi casi) per conservare e invecchiare il vino e i liquori. Oggi i Garbellotto sono tre fratelli e rappresentano l’ottava generazione di quei grandi artigiani del legno, che si sono trasformati in una “spa”, dove le azioni sono tutte in mano alla famiglia e dove, a turno annuale, si fa il presidente del consiglio di amministrazione. Settanta dipendenti in tutto, che hanno trasformato un grande artigianato in un’impresa che è leader italiano, europeo e mondiale nella produzione di botti e di barriques, le botti più piccole che hanno una maggiore capacità di invecchiamento. Pietro Garbellotto dice che per un certo periodo la sua famiglia fabbricava anche mobili e altri tipi di arredamento in legno. Ma misura i tempi in secoli. «È vero in questo caso. Credo che gli ultimi mobili risalgano a circa centocinquanta anni fa. Poi ci siamo specializzati in questa produzione, che è certamente una nicchia, ma che noi siamo in grado di renderla una nicchia di eccellenza».
Nel vostro “palmarès” ci sono cantine storiche e addirittura siti Unesco.
C’è la cantina “Gallo” in California, che è la più grande al mondo per l’invecchiamento, poi c’è la cantina della residenza del Principe Arcivescovo di Wurzburg, in Baviera, in un castello dove ci sono dipinti del Tiepolo. E questo è uno dei siti dell’Unesco. Sono certamente “fiori all’occhiello”, ma guardi che allestire una cantina è come fare un lavoro di grande arredamento. Sempre.
In altri termini non accatastate botti.
No, assolutamente. Si fa una vera ricognizione del locale, se ne studiano i requisiti, le possibilità di capienza e quindi la misura delle botti che può contenere. E oltre alla funzionalità dell’ambiente c’è sempre un aspetto estetico che va considerato. Siamo un mercato di nicchia, ma questo fatto di essere al centro di un mercato di nicchia ci spinge a raggiungere l’eccellenza. Potrei dire che facciamo un prodotto industriale di buon livello estetico.
Quale è il vostro mercato principale?
Lo zoccolo duro resta l’Italia. Anche se tra mercato estero e interno si va ad annate differenti l’una dall’altra. In tutti i casi gli italiani sono i primi esportatori al mondo di vino, abbiamo battuto i francesi, quindi, anche se c’è la crisi, la stessa domanda interna di botti da invecchiamento, ne risente meno. Facendo una stima approssimativa, posso dire che abbiamo un fatturato che per il 70% è sul mercato italiano e per il 30% su quello estero.
In un clima economico come questo si può dire che navigate in sicurezza.
Possiamo dirlo. Al momento abbiamo ordini per otto mesi e ci facciamo anticipare il 30% del prezzo. Ma i problemi li abbiamo anche noi. Una selezione dei clienti l’abbiamo fatta a suo tempo, anche se devo aggiungere che il cosiddetto problema degli “insoluti” è un vizio soprattutto italiano, perché all’estero non esiste. Poi certo, non ho mai lavorato per le amministrazioni pubbliche.
Quale altra attività svolgete?
Facciamo un commercio di legnami. Importiamo dai paesi del Nord, Europa e America, lavoriamo il legno, lo stagioniamo e poi lo rivendiamo soprattutto sul mercato interno.
L’ottava generazione di una simile impresa di che cosa si lamenta soprattutto in questo momento?
Oggi c’è la pressione fiscale che ci sta opprimendo. Guardi, ho fatto recentemente dei calcoli. Le cifre che dicono ufficialmente non sono reali. Se io calcolo tutto l’insieme della tassazione arrivo a una quota che sta tra il 75% e l’80%. Mi dica lei come è possibile in una simile situazione di pressione fiscale reinvestire, innovare, programmare. Alla lunga una simile tassazione ti rallenta e in alcuni casi ti affossa. Vede, io l’ho imparato dai miei genitori. Le crisi a volte sono anche salutari, spesso “puliscono” il mercato da aziende zoppicanti. Lo sapeva mio padre, lo sapeva mio nonno. Ma qui siamo a un limite per cui molti giovani non riescono neppure a cominciare un’attività e preferiscono andarsene all’estero. In questo modo si disperde un patrimonio di professionalità.
Il rapporto con le banche?
Noi siamo un’impresa capitalizzata al 93% e questi problemi non li abbiamo. Certo, l’atteggiamento della banche spesse volte mi fa pensare che non siano mai diventate veramente private e abbiano ancora un atteggiamento statalistico.
Infine, la burocrazia.
Quella è veramente fastidiosa. Guardi è meno sopportabile della stessa tassazione. Le tasse sono dolorose, ma la burocrazia che si moltiplica a dismisura è addirittura insopportabile.
(Gianluigi Da Rold)