L’incontro di ieri tra Governo e Parti sociali sulla spending review non ha sciolto tutte le riserve dei sindacati, che restano ora in attesa delle mosse dell’esecutivo. Monti ha dichiarato che non ci saranno “tagli con l’accetta”, ma c’è comunque preoccupazione e non è escluso che si possa arrivare a un nuovo “scontro” con mobilitazioni e manifestazioni. E Luigi Angeletti, Segretario generale della Uil, parla già di sciopero. «I problemi sono tantissimi, per cui il tavolo può incendiarsi in qualsiasi momento» conferma a ilsussidiario.net Giorgio Santini, Segretario generale aggiunto della Cisl.
Partiamo dall’incontro: com’è andata ieri?
Il governo ha solo preannunciato gli obiettivi di carattere generale del provvedimento, sia per quanto riguarda le risorse da trovare che per le misure che intende intraprendere. Gli obiettivi ci sembrano condivisibili: evitare l’aumento dell’Iva, risolvere la questione degli esodati e aiutare le popolazioni colpite dal terremoto in Emilia. Per realizzarli serviranno delle risorse. Per quel che riguarda le misure necessarie a reperirle, alcune appaiono andare nella giusta direzione, altre ci sembrano problematiche. Quanto lo capiremo solo una volta che ci sarà un testo definitivo.
Quali sono le misure che vi sembrano positive?
Per esempio, l’unificazione degli acquisti della Pubblica amministrazione attraverso la Consip. Era già stata proposta in passato, speriamo che questa sia la volta buona, perché dovrebbe impedire, specie nella sanità, sprechi e inefficienze. È positivo anche l’intervento sulle Province, anche se si parla di robusti accorpamenti e non di abolizione: l’importante è che siano reali e non fittizi. Poi c’è anche la stretta sulle società partecipate dallo Stato. Sono tutti casi di spesa pubblica cattiva che è giusto ricondurre a forme più razionali e sobrie.
Quello che vi preoccupa riguarda invece gli interventi sul pubblico impiego.
È stato preannunciato un taglio del 20% dei dirigenti, ma non è chiaro se sarà selettivo o lineare. La differenza non è da poco. Ci sono infatti ministeri in cui c’è un dirigente ogni dieci dipendenti e altri in cui ce n’é uno ogni cinquanta. Il taglio dovrebbe riguardare le aree in cui c’è un addensamento di dirigenza non giustificato dai compiti e dai ruoli. Per quanto riguarda i dipendenti si è fatto riferimento a riduzioni d’organico, con una sorta di esodo anticipato e l’utilizzo di una deroga alla riforma delle pensioni. In questo caso conta molto cosa verrà scritto nel provvedimento vero e proprio.
Si parla di un taglio del 10%. Il vostro timore è che si possa intervenire sui livelli dell’organico?
Se il criterio di tutto il provvedimento della spending review è un taglio indiscriminato delle politiche sociali e dell’occupazione allora la nostra posizione è critica. Se invece c’è uno sforzo per combattere sprechi, inefficienze e privilegi, allora noi, pur sapendo che anche i lavoratori saranno interessati, agiremo con un atteggiamento e uno spirito diverso, perché potremmo vedere finalmente dei passi in avanti in questa lotta contro la cattiva spesa pubblica.
Il problema è quindi quello del metodo con cui si agirà. Che cosa ritenete inaccettabile in questo senso?
È sbagliato procedere con tagli lineari, perché ci sono situazioni molto differenti all’interno della Pa. Se è vero che nel ministero della Difesa, non essendoci più la leva obbligatoria, bisognerà pensare a una riorganizzazione, è altrettanto innegabile che esistono carenze di personale nel ministero della Giustizia. Bisognerebbe quindi pensare a delle riconversioni, sia professionali che organizzative. La Pa va ristrutturata e riorganizzata, con un piano industriale che colleghi la natura e la struttura del servizio alla qualità del servizio stesso e alle esigenze dei cittadini. Per i dipendenti, specie quelli lontani dalla pensione, invece dei tagli indiscriminati bisognerebbe pensare a una mobilità da lavoro a lavoro.
In che senso?
Nel senso che un lavoratore verrebbe spostato da un lavoro a un altro, con annessa riqualificazione professionale. In modo tale che, come capita nel privato, nascano opportunità di occupazione per persone che nel loro precedente settore avevano prospettive ormai stagnanti. Se il governo aprirà una discussione seria con il sindacato sulla mobilità da lavoro a lavoro ha tutto da guadagnarne, così come i lavoratori e le loro organizzazioni.
La vostra posizione è quindi questa. Pensate che il Governo ne terrà conto e che quindi prevarrà, a differenza della riforma delle pensioni, il metodo concertativo?
Questo incontro preventivo sembra un piccolo segnale incoraggiante. Certo, solo dopo il Consiglio dei ministri scopriremo se le nostre osservazioni sono state tenute in conto. Il clima per il momento non è di scontro frontale, anche se i problemi sono tantissimi, per cui il tavolo può incendiarsi in qualsiasi momento. Penso che occorra fare in modo che il clima rimanga costruttivo e propositivo. Il tema della cattiva spesa pubblica in Italia esiste e bisogna stare attenti a non confonderla con la spesa pubblica essenziale, che riguarda i servizi fondamentali per la collettività. Bisogna distinguere rendite e sprechi dai servizi. Siamo quindi per eliminare i primi così da fare in modo di premiare i secondi.
E se dopo il Consiglio dei ministri scoprirete che si è proceduto con tagli lineari che cosa farete?
Se sarà necessario ci mobiliteremo, facendo però attenzione a tenere insieme proteste e proposte. Abbiamo imparato a nostre spese che i vincoli di bilancio purtroppo ci sono. Noi sosteniamo che dentro i vincoli si può operare combinando il necessario rigore con l’altrettanto imprescindibile equità e giustizia sociale. Se verranno fuori provvedimenti punitivi, unilaterali, lineari nei confronti del lavoro e del sociale ci mobiliteremo nelle piazze, magari con manifestazioni non collegate al lavoro per evitare lo sciopero generale che avrebbe una valenza sicuramente dirompente, ma danneggerebbe moltissimo le persone e non è detto che servirebbe a migliorare le cose.
Il fronte sindacale resterà unito su questo tema o si creeranno come in passato dei distinguo?
Temo che nel mondo sindacale ci sia sempre un po’ più di dialettica del necessario. Mi pare che questa volta, come si vede da mesi, ci sia una certa unitarietà di intenti, di comportamenti, con rispetto reciproco.
Siete d’accordo con l’utilizzo dello strumento del decreto legge per questo provvedimento?
Credo che sia necessario un decreto legge, anche perché conterrà norme in itinere, che si attueranno cioè progressivamente. Penso quindi sia meglio un decreto, anche se accorcia un po’ i tempi parlamentari. La vera questione, in ogni caso, riguarda quello che ci sarà dentro a questo decreto.
(Lorenzo Torrisi)