L’industria tedesca nel mese di agosto ha subito un calo del 4%, la produzione automobilistica ha perso il 25% e i beni d’investimento l’8,8%. Tre dati non proprio incoraggianti, in un contesto globale per nulla rassicurante. Intanto in Germania il partito anti-euro Alternative fur Deutschland si rafforza sempre di più, e come spiega Oscar Giannino, «a partire dalle prossime elezioni anche la Merkel dovrà tenerne seriamente conto. Proprio per evitare di rafforzare quanti in Germania vedono gli italiani come inaffidabili è molto meglio che Renzi dica fin da subito di che cosa abbiamo bisogno invece di fare come Hollande che onora le regole Ue a parole e poi non le rispetta nei fatti».
Anche la Germania sta iniziando a entrare in serie difficoltà?
Nel dato sull’industria tedesca si verificano le conseguenze di due fattori. Il primo, che pesa sul portafogli ordini dell’export, è il rallentamento dei Paesi emergenti e la correzione al ribasso della crescita cinese. Nello stesso tempo la Germania sconta l’effetto su fiducia e ordini della crisi russo-ucraina. A ciò si aggiunge un secondo fattore, la stagnazione dei 28 Paesi Ue, che significa minori volumi per l’export tedesco nell’area intra-europea.
Come ritiene che si debba rispondere a questo insieme di fattori?
Gli effetti esogeni del commercio mondiale non sono controllabili, ma fanno parte del normale ciclo che può avvenire per effetto di novità geopolitiche. Ciò che sarebbe importante in questo momento è sopperire alla mancanza di un equilibrio della bilancia dei pagamenti provocato dall’enorme surplus commerciale tedesco. Quest’ultimo è una violazione della norma prevista dal patto di stabilità europeo che continua a non essere affrontata, ma che ci dovrebbe preoccupare molto.
La Merkel è tra due fuochi. Da un lato i Paesi eurodeboli le chiedono di aumentare la domanda interna, dall’altra Alternative fur Deutschland la invita a voltare le spalle all’Europa. Alla fine il Cancelliere chi ascolterà?
Nel momento in cui ha stipulato l’alleanza con la Spd, la Merkel di fatto ha dovuto ascoltare la prima tesi. Nel patto di governo ci sono l’abbassamento dell’età pensionabile a 63 anni e il salario minimo, che vanno nella direzione di alzare il livello dei redditi disponibili, e quindi la domanda e i consumi interni. La seconda tesi però sta prendendo piede e nel tempo Cdu/Csu non potranno non tenerne sempre più conto. Quanto più Alternative fur Deutschland si radica nell’elettorato a doppia cifra, tanto più per il partito della Merkel in vista delle elezioni politiche a venire diventa un fattore molto rilevante. Questo i Paesi eurodeboli farebbero molto male a sottovalutarlo.
In che modo occorre tenerne conto?
Proprio per non rafforzare Alternative fur Deutschland, occorre imboccare una strada precisa di proposta esplicita per cambiare le regole europee. Al contrario i Paesi eurodeboli fingono a parole di volerle rispettare e poi di fatto procedono per strappi. Lo stesso Renzi propone una Legge di stabilità facendo finta che Two Pack e Six Pack non esistano. Se si vuole raddrizzare l’Europa, è molto meglio dire fin da subito di che cosa abbiamo bisogno, magari chiedendo fin da subito una moratoria di due anni, in modo da sgombrare il campo da equivoci.
La Germania si spingerà fino alla dissoluzione dell’euro o tenterà di uscirne?
No, questo lo escludo e il motivo è che non siamo in una condizione come quella del 2011, quando dopo la crisi greca fu possibile lo strappo su Spagna e Italia. Adesso ci sono due presenze ingombranti sulla scena mondiale che prima non c’erano. La prima è l’Isis, che per l’America equivale al fatto di dovere tornare a una coalizione sul modello di Bush padre. La seconda, caratterizzata da un forte impatto sulla crescita degli scambi commerciali, è quella russo-ucraina, con le sanzioni reciproche tra Washington e Mosca.
E quindi?
L’insieme di questi due fattori costituisce una molla potente che abbassa il rischio di crisi dell’euroarea. Né l’Europa, né gli Stati Uniti si possono permettere di sommare a queste due mega-crisi una tensione sui mercati come quella del 2011.
(Pietro Vernizzi)