La cultura del conflitto è stata per decenni, e in parte è ancora, alla base della visione dell’impresa nella società italiana. Conflitto inizialmente come lotta di classe, poi come sfida contrattuale, infine come elemento di fondo dei rapporti all’interno delle imprese. Conflitto praticato e teorizzato tanto che imprenditori e, soprattutto, sindacati, hanno sempre considerato un’eresia qualsiasi forma di concreta e costruttiva partecipazione. Tanto da rendere del tutto inattuato l’articolo 46 della Costituzione dove si afferma che “ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Certo, ci sono delle eccezioni. Ci sono imprese dove l’imprenditore considera i suoi dipendenti dei collaboratori e non delle maestranze, dove il merito viene premiato, dove la solidarietà costituisce un elemento sostanziale dei rapporti sociali. E ci sono modelli di analisi e di studio che non considerano l’impresa solo per i suoi obiettivi di profitto, ma come entità economiche con al centro, sempre e comunque, la persona. Ed è significativo che in una Università, come la Bocconi, considerata come l’espressione più alta della tecnocrazia aziendale, si siano sviluppate e continuino a svilupparsi cultori di un’economia aziendale in cui i parametri di riferimenti non sono solo l’efficienza e la razionalità, ma anche il valore delle risorse umane e l’obiettivo del bene comune.
È in questa prospettiva che Elio Borgonovi e Giorgio Invernizzi, docenti alla Bocconi, hanno raccolto in un libro alcuni scritti e gli interventi a un convegno a vent’anni dalla morte di Carlo Masini, a lungo docente nella stessa università (“Scienza, umanità e visione nel pensiero e nell’azione di Carlo Masini”, Ed. Egea, pagg. 432, euro 45). Si tratta di documenti particolarmente significativi, sia per la particolare attenzione di Masini verso la realtà economica, sia per il suo costante riferimento ai temi etici e morali all’interno del sistema delle imprese.
“L’impresa – scriveva per esempio Masini a proposito della riforma del collegio dei sindaci – è uno strumento al servizio dell’uomo e delle altre comunità nelle quali l’uomo ordina la sua vita: primamente è uno strumento al servizio degli uomini che in essa prestano in modo coordinato la loro attività fisica e intellettuale. La ‘comunità d’impresa’ come tale mira a un ‘bene comune’ a tutti i suoi membri e perciò gli interessi dei suoi componenti non debbono essere dominati dagli interessi personali di uno o più fra essi”.
Risalta in questi scritti, così come nei ricordi di chi ha conosciuto Masini e ne è stato allievo, il valore di colui che è stato un vero maestro con una forte capacità di mantenere sempre collegata la realtà con i valori di fondo, palesemente rappresentati dalla Dottrina sociale della Chiesa. “La teoria economica – scrive Masini – non radicata nella conoscenza degli accadimenti non può contribuire alla formazione di un uomo consapevole degli effetti della sua azione e quindi dominatore di eventi per realizzare il Bene comune”. “In questa breve frase – commenta Vittorio Coda – Masini condensa il suo credo nell’economia d’azienda come ramo degli studi economici centrato sulla ‘conoscenza degli accadimenti’ e volto a formare persone capaci di operare responsabilmente per il bene comune. È una frase ancora che, in piena sintonia con la Laudato sì di papa Francesco, ci interpella personalmente invitandoci a crescere in consapevolezza delle conseguenze del nostro agire in campo economico-sociale e ad assumerci la nostra parte di responsabilità per il bene di tutti”.
Conoscenza e condivisione, solidarietà e responsabilità. Parole che non è facile trovare nei manuali di management, così come non è facile trovare quella visione fortemente unitaria dell’impresa che garantisce la stessa dignità a ogni persona. Parole e visione che fanno parte invece del cuore stesso delle riflessioni e dell’insegnamento di Carlo Masini.