Il tormentone di questa lunga vigilia di Natale, in attesa del 24  dicembre, è la Parodi che avrebbe sorpassato Eco nelle vendite dei libri. Cotto e mangiato supera un Eco bollito? Che dire, io non compro né l’uno né altro dei libri dei miei   concittadini (siamo tutti e tre di Alessandria) e pur avendo una   simpatia particolare per Benedetta, faccio parte di quegli   alessandrini che preferiscono identificarsi con Gianni Rivera anziché   con l’intellettuale che doveva andare all’estero se vinceva   Berlusconi. E invece è ancora qui, con i suoi libri che subiscono   l’onta della ricetta che sorpassa a destra.

Il fatto più grave   tuttavia non è la ricetta che supera l’ultimo libro del celebre   scrittore, ma questa inflazione esagerata di libri di cucina che sono   emanazione diretta della visibilità televisiva. Una volta, se un   politico, un manager, un giornalista o un calciatore non sapevano che fare aprivano un ristorante. Oggi no, forse per via del   fatto che i ristoranti falliscono e costano, la moda è diventata fare   un libro di ricette. Lo ha fatto il ministro Brunetta, lo ha fatto   persino l’ex amministratore delegato di Expo 2015, Lucio Stanca, che   vivaddio sarà ricordato per qualcosa e poi, dopo il successo di   Benedetta Parodi, siamo alla ricorsa dei volti della tivù: la Clerici   che si prende anche il suo quarto d’ora alla Prova del Cuoco per   pubblicizzare il libro, Gioacchino Bonsignore con le ricette di Gusto   del Tg5, Alessandro Borghese, ma anche star del tempo che fu come la   Lambertucci.

Questi signori guadagnano ad andare in tivù e poi,   facendosi naturalmente pubblicità all’interno dei propri contenitori   (e questa un po’ è una vergogna) guadagnano i diritti d’autore su   questo nuovo filone: la ricetta. Ora, solo in un paese come l’Italia   dove la marchetta è la routine, appare normale che si crei questo  circuito chiuso degno di un vero e proprio regime mediatico, per cui   anche il regalo di Natale deve essere teledipendente. Ovviamente anche   io sono parte causa, non perché abbia televisione, ma perché scrivo   libri di quel genere. Ne scrivo quattro all’anno, tre sono delle   guide, e uno è un libro dedicato alla famiglia, che contempla anche   ricette, ma non solo. Si chiama Adesso, 365 giorni da vivere con   gusto.

Mi sto facendo pubblicità? Si, perché dopo essermi ripreso dal   voltastomaco persino delle recensioni dei giornali che parlano solo   dei libri di cucina dei personaggi televisivi, dopo aver constatato   che la produzione del mio libro credo costi quattro volte, per essere   generosi, quella dei best seller dei padellari televisivi, “adesso” mi   sono rotto e arrabbiato, altro che cotto e mangiato. Rifacciamo: io   formo una redazione di 20 persone, cerco di rispondere ai bisogni   della famiglia attraverso un libro che parla di quei saperi che tra   generazioni non si sono trasmessi, faccio fare le ricette (nel senso   di cucinare) una ad una alla mia maestra di cucina Giovanna Ruo   Berchera, metto il mio libro in vendita e che succede? Alle tivù, sui   giornali, in libreria, la visibilità è solo per i tomi che si   autopubblicizzano.

 

Beh, come minimo siamo alla concorrenza sleale,   siamo al cortocircuito che rischia di portare alla bulimia, siamo alla   sordità voluta per non conoscere altro che non sia il prodotto stesso   della televisione. Ma che cavolo di mondo è mai questo? Chiediamocelo,   visto che persino la politica funziona in questo modo e forse ancora  non ce ne siamo accorti. E tutto questo, vien da chiedersi, non ha il   sapore della cosa finta e un poco esagerata?