Lara Comi, dopo l’arresto di questa mattina per le gravi accuse di tangenti in Regione Lombardia, ha spiegato al suo avvocato che la sua unica preoccupazione è per la salute dei suoi genitori: il padre che ha saputo dell’arresto dai media prima di sottoporsi ad un intervento chirurgico delicato e la mamma, protagonista in passato di un altro scandalo legato alla ex eurodeputata di Forza Italia. Lara Comi infatti, prima di essere indagata lo scorso luglio già era passata dal “tritacarne” mediatico nel 2016 a seguito dello scandalo Rimborsopoli in Ue che coinvolgeva anche altri deputati italiani: l’ufficio antifrode dell’Ue (Olaf), ha indagato su presunti abusi dei rimborsi spese scoprendo che nel 2009 l’ex vicecapogruppo del Ppe aveva assunto la madre come assistente europarlamentare contro le regole Ue che vietano, dal 2009, l’assunzione di parenti. La Comi ammise subito l’intera vicenda spiegando però di aver commesso un errore, in buona fede, assieme al suo commercialista; dopo le accuse di “furbetta” e “autrice di frode”, l’ex eurodeputata Forza Italia si difese così sia davanti al comitato europeo che nell’intervista di Repubblica del marzo 2017. «La prima volta a Bruxelles avevo 26 anni. Ero giovane e avevo bisogno di mia madre», spiegando come fino al 2009 l’Eurocamera prevedeva anche l’assunzione libera di parenti «poi nel corso di quell’anno fu introdotto il divieto».
LARA COMI E LO SCANDALO RIMBORSOPOLI UE
La madre di Lara Comi prese un’aspettativa non pagata dalla scuola dove insegnava e iniziò a seguire a Bruxelles l’appena eletta eurodeputata: «mia madre è insegnante di italiano. Mi preparava i discorsi, seguiva la mia agenda. Si è messa in aspettativa non retribuita per aiutarmi», spiegava ancora la Comi a Rep, sottolineando come dopo un anno lei stessa si ambientò e tornò ad assumere altri collaboratori “normali”. «Il mio commercialista pensava ci fosse un periodo transitorio di un anno, era in buona fede ma dopo aver scoperto della legge gli ho tolto l’incarico»; l’accordo trovato con l’Ufficio Ue fu restituire dilazionato l’intero compenso ricevuto dalla madre, comprese le tasse già pagate. «Perché mi sono accorta nel 2016? Perché è come con Equitalia. Non sai di un’irregolarità finché non ti arriva l’accertamento a casa», si difendeva ancora la Comi davanti ai giornalisti. Sono in tutto 126mila euro che dovrebbe aver smesso di restituire interamente proprio in quest’anno, 2019, quando un’altra indagine – questa volta molto più ingombrante – la fece ritirare dalla corsa per le Europee fino all’arresto comminato questa mattina.