Quest’oggi il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, ha illustrato alla Camera dei Deputati la 19a edizione del Rapporto annuale sulla situazione del Paese. Tanti i dati e gli spunti riguardanti il mercato del lavoro. L’istituto nazionale di statistica evidenzia, per esempio, che l’impatto della crisi sull’occupazione in Italia è stato pesante: tra il 2009 e il 2010 sono stati persi circa mezzo milione di posti di lavoro, soprattutto tra i giovani dai 15 ai 29 anni. Oltre la metà delle persone che ha perso il lavoro in questo periodo, inoltre, era residente al Sud. Forte l’impatto anche al Nord, mentre le regioni centrali sono quelle che sono rimaste sostanzialmente indenni dalle ricadute della crisi.
La crisi ha inoltre accresciuto la precarietà, dato che il 30,8% dei giovani occupati (oltre un milione di unità), ha contratti a tempo determinato o collaborazioni. Crescono poi i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione: nel 2010 erano oltre 2,1 milioni, 134mila in più rispetto al 2009 (+6,8%).
In base a un’indagine condotta tra il 2008 e il 2009, risulta poi che circa 800mila donne si sono licenziate o sono state costrette a dimettersi a causa di una gravidanza. Si tratta dell’8,7% delle madri che lavorano o che hanno lavorato in passato e la percentuale sale al 13,1% per le donne giovani nate dopo il 1973. In generale, sottolinea ‘’Istat, il 15% delle donne smette di lavorare per la nascita di un figlio.
Secondo l’Istat, poi, l’evoluzione stagnante della produttività ha rappresentato un limite all’espansione dei salari contribuendo alla debolezza della domanda interna. La produttività del lavoro nel periodo 2001-2007 è cresciuta in misura molto modesta, segnando poi un calo del 3,6% nel biennio 2008-2009. La produttività ha poi registrato un recupero del 2,2% per cento nel 2010, collocandosi però sotto il livello del 2000.
Per l’Istat, la recessione, da un punto di vista puramente tecnico, in Italia è finita. Tuttavia, dal punto di vista sociale si fanno sentire le conseguenze evidenti sul mondo del lavoro con un meccanismo di trasmissione a catena che investe le condizioni economiche e sociali delle famiglie.