La riforma del lavoro approderà in Parlamento, ma senza un accordo pieno tra Governo e parti sociali. Il punto di dissenso, neanche a dirlo, è l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Per il resto un consenso di massima tra le parti è stato trovato e da domani ricominceranno le trattative per arrivare entro giovedì sera a un testo definitivo della legge, ma non ci saranno margini per interventi sulla norma riguardante i licenziamenti. Il governo dovrà poi valutare che tipo di strumento legislativo utilizzare, anche se il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha spiegato che tempi lunghi di approvazione possono vanificare l’intera riforma.
Non sarà comunque una passeggiata: la Cgil, per bocca di Susanna Camusso, ha spiegato che farà tutto quello che serve per contrastare la riforma. In conferenza stampa, il Segretario generale della Cgil ha spiegato che la proposta del Governo sull’articolo 18 è totalmente squilibrata e che l’impressione che ha ricavato al termine di questa trattativa è che l’intenzione dell’esecutivo fosse quella di rendere più facili i licenziamenti, tanto che su questo punto la sua posizione non è mai cambiata. Secondo la Camusso, ora verrà a mancare l’effetto “deterrente” dell’articolo 18, dato che per i licenziamenti disciplinari ed economici non è più obbligatoria la reintegrazione del lavoratore. Il leader della Cgil ha poi fatto notare che l’unica proposta su cui tutti erano d’accordo riguardava l’accelerazione dei tempi processuali per le cause riguardanti i licenziamenti, ma che poi questa sia stata inserita nella riforma della giustizia. E ironizzando ha detto di non prevedere tempi celeri per una sua approvazione.
Ma non è finita, perché la Camusso ha anche detto che è anche venuta meno l’universalità degli ammortizzatori sociali. Questo anche perché, a suo dire, non esiste un testo definitivo e nelle diverse riunioni si sono fatte ipotesi poi contraddette o cancellate dagli incontri successivi. Inoltre, secondo la leader della Cgil, la riforma del governo non cancella la precarietà, anche se c’è stato un primo passo con il contrasto della cosiddetta “flessibilità cattiva”.
Un’ultima frecciata la Camusso l’ha indirizzata agli altri due sindacati, Cisl e Uil. A suo dire, i sindacati di Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti fino a ieri sera condividevano un’ipotesi comune, che è stata poi abbandonata stamattina. Questo, ha detto la Camusso, è un problema.
Dunque la Cgil non firmerà. E il dissenso verrà verbalizzato. Un modo, secondo Bonanni, per evitare spaccature tra i sindacati. Emma Marcegalia, leader uscente di Confindustria, si augura che l’organizzazione di Susanna Camusso, nonostante il dissenso, si dimostri responsabile.