Benché le aspettative fossero alte, quel che è stato fatto in materia previdenziale è poco e niente. Il Senato, approvando il maxiemendamento alla legge di stabilità, ha stabilito che solo le pensioni fino a 3 volte il minimo (1.486 euro lordi mensili) godranno dello sblocco di un adeguamento all’inflazione pari al 100%. Per quelle fino a 4, 5 e 6 volte il minimo, l’adeguamento sarà, rispettivamente, del 90%, del 75% e del 50%. Per quelle superiori a 6 volte il minimo, non ci sarà alcun adeguamento. Contestualmente, è stato confermato un contributo di solidarietà sulle pensioni eccedenti i 90mila euro annui, che prevede un’aliquota progressiva variabile tra il 6% e il 18%. I ricavi serviranno a finanziare, in via sperimentale, il reddito minimo di cittadinanza. Nobile iniziativa. Peccato che il Parlamento abbia deciso di non tassare le pensioni dei parlamentari, sostenendo, inizialmente, che i vitalizi non possano essere equiparati agli assegni previdenziali. Il viceministro dell’Economia Stefano Fassina, per lo meno, ha ammesso che si è trattato di un errore, che sarà corretto in seconda battuta, quando la legge di stabilità sarà esaminata dalla Camera. In attesa di questo secondo passaggio, abbiamo fatto il punto sulla situazione con Maurizio Petriccioli, segretario confederale della Cisl con delega alla Previdenza.
Come valuta i provvedimenti relativi all’indicizzazione all’inflazione?
Parliamo di pensioni molto basse. Basti pensare che quelle fino a 4 volte il minimo ammontano a circa 2mila euro lordi, ovvero poco più di mille euro al mese. Si tratta di persone che hanno lavorato una vita e che, siccome avevano salari molto ridotti, si ritrovano con pensioni già di per sé basse. Quindi, non concedere loro il 100% del recupero del potere d’acquisto eroso dall’inflazione è uno sbaglio enorme. È inoltre un grave errore dal punto di vista dell’economia generale del Paese.
Perché?
Perché persino il Fmi ha fatto presente che l’unica strada per tornare a crescere è ridurre il fisco per lavoratori e pensionati. Rimettere delle risorse nelle tasche degli italiani, infatti, rilancia i consumi, ridando il via al motore dell’occupazione, l’assenza della quale rappresenta il primo tra i problemi italiani, accanto alla distribuzione iniqua della ricchezza: il fisco pesa moltissimo su lavoro, ma non sulle rendite finanziarie, sui giochi online o, evidentemente, sull’evasione fiscale.
Come si spiega questo modo di procedere?
C’è un’attenzione esasperata alla dottrina europea del rigore di bilancio. I conti devono essere in ordine, certo. Ma ci son altre vie.
Quali?
Oltre a rilanciare il Pil nella maniera in cui ho appena spiegato, è possibile ridurre significativamente la spesa pubblica improduttiva; mi riferisco al taglio delle società partecipate dai comuni e ai relativi Cda, alla riorganizzazione dei livelli istituzionali (a partire dal taglio delle Provincie) o all’accorpamento dei comuni con meno di 5mila abitanti. 60 miliardi di euro di spesa in forniture, inoltre, è inficiata – come ha più volte ribadito la stessa Corte dei conti – da corruzione. Questo, perché solo in Italia ci sono decine di migliaia di stazioni appaltanti, invece che poche decine.
Cosa ne pensa, invece, del prelievo di solidarietà sulle pensioni d’oro?
Sul fronte del diritto, eccepisco che la Corte costituzionale aveva obiettato l’illegittimità di un prelievo del genere, salvo l’ipotesi che le risorse fossero destinate all’interno della stessa spesa previdenziale. Ora, per quanto il reddito di cittadinanza rappresenti un nobile scopo, è evidente che non si possa definire spesa previdenziale. Il che, presta il fianco ad un nuovo pronunciamento contrario da parte delle Consulta.
Ci dia la sua valutazione nel merito.
Aspetto di vedere la relazione di accompagnamento alla legge di stabilità. In ogni caso, aver abbassato la soglia di prelievo a 90mila euro potrebbe, verosimilmente, produrre un gettito che si aggira attorno ai 100-150 milioni di euro l’anno. È evidente che, con una cifra del genere, si può fare ben poco.
Intanto, si sono “dimenticati” di applicare il medesimo prelievo alle pensioni dei parlamentari.
Questo è inaccettabile. Specialmente in un contesto del genere, dove il divario tra la politica e i cittadini è sempre più ampio, e la partecipazione dei cittadini alla vita democratica sempre più bassa.
(Paolo Nessi)