«La Cisl è pronta a partecipare a un piano di riorganizzazione della Pubblica amministrazione che metta al centro le competenze e gli indicatori standard di efficienza. La prima innovazione da introdurre è liberare il pubblico impiego dalla fossilizzazione sulle norme». Ad annunciarlo è Giovanni Faverin, segretario generale di Cisl Funzione Pubblica. Cgil, Cisl e Uil hanno presentato un documento congiunto in cui rispondono una per una alle 45 domande contenute nella lettera inviata ai dipendenti della Pubblica amministrazione da Matteo Renzi, presidente del consiglio dei ministri, e Marianna Madia, ministro della Funzione pubblica. Intanto il ministro Madia ha annunciato che convocherà i sindacati per un incontro prima del 13 giugno.



Che proposte farete al ministro quando lo incontrerete?

Le nostre proposte nascono da una considerazione di fondo. Oggi l’amministrazione pubblica è basata essenzialmente su norme che servono per rallentare la sua attività. Occorre una riforma che metta al centro le competenze e non le leggi. Negli anni la Pubblica amministrazione è stata costruita per essere volutamente disorganizzata, in modo da potersi inventare affari, sprechi, esternalizzazioni, consulenze e funzioni diverse in tutti i settori.



Quale sarà il vostro atteggiamento nei confronti della riforma della Pubblica amministrazione?

Se questo governo così riformatore e coraggioso vuole mettervi mano noi siamo pronti a partecipare a un piano di riorganizzazione sulla base anche di indicatori standard che permettano un confronto con altri paesi europei. Vanno definiti quali sono i servizi necessari, attribuendo valore aggiunto alle competenze del personale, che ha bisogno di manutenzione formativa, togliendo tutti i lacci decisionali e normativi che non consentono al lavoratore di fare realmente bene il suo lavoro.

Perché avete chiesto di riaprire la contrattazione?



Un elemento di cui il presidente del consiglio non tiene conto, soprattutto quando spara o sputa contro i sindacati, è che Cisl, Cgil, Uil e Ugl in questi anni hanno mantenuto una gestione molto responsabile dei lavoratori, evitando nei limiti del possibile scioperi e conflitti. È però impensabile, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, intervenire nei cambiamenti organizzativi dei processi di lavoro senza adottare tecniche manageriali di gestione dei premi e delle sanzioni.

Vanno incentivati i dipendenti pubblici più volonterosi?

Anche in una bottega, un artigiano che ha tre dipendenti sa che se vuole motivarne uno, utilizza le possibilità concesse dal contratto di assegnargli una funzione migliore o più elevata. Dopo cinque anni di blocco, non si può affrontare una riforma della Pubblica amministrazione senza utilizzare lo strumento del contratto. È quest’ultimo che ci può permettere di capire se i profili professionali sono adeguati alle attuali esigenze.

 

Voi siete a favore di una diminuzione degli organici nella Pubblica amministrazione?

Il punto è rispetto a che cosa vadano ridotti, anche perché in dieci anni i dipendenti pubblici sono diminuiti di 372mila unità. Ci possono essere realtà decentrate che hanno più personale rispetto a quello necessario, e possono dunque esservi compensazioni. Non si assume più dove c’è organico a sufficienza e lo si fa dove il rapporto tra lavoratori e abitanti o tra lavoratori e funzione da svolgere è più alto.

 

Uno snellimento dell’organico può favorire l’efficienza della Pubblica amministrazione?

Non credo che si possa dire che con 100mila dipendenti in meno l’amministrazione funzionerebbe meglio. Tutto va rapportato agli altri fattori in gioco e va introdotto un piano di razionalizzazione per ogni amministrazione. Questo piano non va però basato su vecchi criteri come le piante organiche, ma sui nuovi fabbisogni standard e su specifiche situazioni. In questo modo troveremo organici da ridurre e altre realtà con gravi carenze. Il fatto stesso che ci si rivolga ad appalti ed esternalizzazioni lo documenta.

 

(Pietro Vernizzi)