Giuliano Poletti dà ragione a Tito Boeri. Dopo che il Presidente dell’Inps ha lanciato l’allarme sul fatto che i giovani potrebbero ritrovarsi a 70 anni con una pensione più bassa rispetto a quella di chi è nato nel 1945, il ministro del Lavoro ha detto di non poter confermare, né smentire i dati. Il Governo in ogni caso, ha aggiunto Poletti, è conscio del fatto che “questi elementi sono figli di carriere discontinue e contratti non stabili. Per questo stiamo promuovendo una stabilizzazione del lavoro, agendo sui contratti, sul part time in uscita”. Gli italiani non sembrano affatto contenti di come il Governo sta agendo in tema di pensioni. A rivelarlo è un sondaggio condotto da Ipsos per conto della trasmissione diMartedì, i cui risultati sono stati mostrati nel corso della puntata di ieri sera. Il 59% degli intervistati ritiene infatti che l’esecutivo sta operando male in tema di pensioni, contro un 30% che pensa invece che si stia comportando bene. Vedremo se il Governo sarà capace di far ricredere i cittadini, magari introducendo la flessibilità pensionistica all’inizio del 2016.
Brutte notizie per i pensionati. Il Giornale ricorda infatti che nel 2016 non ci sarà un aumento dovuto alla perequazione delle pensioni, dato che il ministero dell’Economia e delle Finanze ha recentemente emanato un decreto in tale direzione. Colpa della bassa inflazione. Il dato potrà essere rivisto in base ai dati dell’ultimo trimestre dell’anno. In ogni caso poiché l’indice finora applicato per il 2015 è stato dello 0,3%, ma quello reale si sta rivelando dello 0,2%, l’anno prossimo i pensionati potrebbero essere costretti a “restituire” quello 0,1% avuto in più. Resta salvo, ricorda Il Giornale, l’effetto del “bonus Poletti” varato dal Governo dopo che la Corte Costituzionale ha bocciato il blocco delle indicizzazioni del 2011.
La Uil chiede ancora una volta l’introduzione della flessibilità pensionistica. Domenico Proietti, Segretario confederale del sindacato, ha infatti diffuso una nota in cui ricorda come il Rapporto Ocse Pensions at a glance “conferma che l’Italia detiene la maglia nera nell’età di accesso alla pensione”. Per il sindacalista occorre quindi “introdurre subito una flessibilità di accesso alla pensione stabilendo un range tra 63 anni e 70 anni entro il quale i lavoratori possano liberamente scegliere”.
Lamberto Dini, ex Premier ed ex ministro del Lavoro, ritiene che “le riforme varate finora assicurano sostenibilità al sistema previdenziale nel medio-lungo periodo. Si dovrà se mai aprire il dossier della flessibilità in uscita”. Citato da Il Sole 24 Ore, Dini critica anche le proposte di riforma delle pensioni di Tito Boeri e spiega che “la vera questione è la flessibilità in uscita, con l’età pensionabile che oggi è a 66-67 anni. Nel breve periodo l’operazione comporta dei costi, ma di certo gli annunci di tagli alle pensioni cosiddette più alte per compensare i cinquantacinquenni che lasciano il lavoro paiono a dir poco spericolati”.
– Il capitolo relativo alle pensioni è costantemente quello che tiene maggiormente banco in Italia soprattutto dopo che l’Ocse nella giornata di ieri nel proprio rapporto, ha parlato di un sistema pensionistico italico che per essere completamente a sicuro è necessario un ulteriore sacrificio. Parole pesanti soprattutto per quanti speravano in un ‘addolcimento’ di quelli che sono i nuovi parametri imposti dalla Legge Fornero. A rendere la situazione ancora più preoccupante è il grido d’allarme lanciato dal Presidente dell’Inps, Tito Boeri, che ha sottolineato come il rischio povertà sia passato dagli anziani ai più giovani dando conferma all’Ocse che nel proprio rapporto aveva sottolineato come il 15% dei giovani tra i 18 ed i 25 anni viva in un stato di povertà. Nello specifico, Tito Boeri ha rimarcato come quanti sono nati nel corso degli anni ottanta, rischiano di dover lavorare fino a 75 anni e di percepire delle pensioni più basse di circa il 25% rispetto a quelle attuali. Insomma, un futuro per nulla rassicurante.