Il 17 febbraio in Regione Lombardia si sono tenuti gli Stati Generali della Formazione Professionale organizzati dall’assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro, Valentina Aprea.
L’occasione è stata voluta per presentare i primi risultati della nuova legislazione regionale sul sistema duale dell’alternanza scuola-lavoro. La riforma regionale del 2015 è stata poi rafforzata dall’introduzione, nell’anno successivo, di un provvedimento analogo sul piano nazionale. La scelta nazionale assume doppia importanza: rafforza le scelte a favore dei percorsi formativi che prevedono formazione presso le imprese e inizia a definire una quota di risorse – il sottosegretario Bobba lo ha confermato nel corso del suo intervento – destinate in modo permanente a sostenere questi percorsi formativi.
Il modello lombardo si presenta pertanto come il migliore per percorsi professionalizzanti basati su una forte alleanza vincente fra istituzioni formative e imprese. La base del sistema è stata, anni fa, l’introduzione dei percorsi di Istruzione e formazione professionale. Corsi triennali che rispondono all’obbligo scolastico e permettono di acquisire una qualifica professionale. Il finanziamento ai centri Iefp sono proporzionali alla scelta delle famiglie che iscrivono i ragazzi ai corsi. Sono perlopiù quei giovani che avrebbero abbandonato gli studi senza completare il percorso d’obbligo: lasciano perché non trovano una scuola che li coinvolga. La valutazione dei soggetti che propongono corsi professionali avviene su efficacia ed efficienza dei percorsi. E oltre a dotazioni fisiche e organizzative pesa anche la percentuale di giovani che trovano un inserimento lavorativo. Per questo, fin dall’avvio, il sistema regionale Iefp ha determinato un rapporto fra enti formativi e imprese, o associazioni di imprese, del territorio. Spesso i corsi sono professionalizzanti e tenuti direttamente da imprenditori o tecnici delle imprese e prevedono al terzo anno stage o tirocini curriculari nelle imprese.
Il sistema triennale di formazione non è peraltro chiuso, dopo i primi tre anni è possibile proseguire per arrivare a un diploma professionale con altri due anni di frequenza. Il sistema statale della formazione professionale agisce all’interno dei percorsi triennali e spesso recupera, per il 4° e 5° anno, negli istituti tecnici professionali ragazzi provenienti dai percorsi regionali. Questa la base del sistema su cui si è innestato il sistema duale dell’alternanza scuola-lavoro. L’innovazione è stata di portare ancora di più alla collaborazione fra istituzioni formative e imprese e promuovere inserimenti lavorativi favoriti della riforma dell’apprendistato di primo e terzo livello.
Il sistema formazione-lavoro ha assunto così un modello che, partendo dalla scelta dopo la conclusione della terza media, può vedere un primo passaggio in Iefp triennale, proseguire con 4° anno di formazione professionale e poi al 5° anno ottenere il diploma professionale. Per i diplomati è possibile passare ai centri di Istruzione tecnica superiore organizzati da istituzioni formative, anche universitarie e imprese che formano tecnici avanzati in diversi settori. Possono così arrivare per certificazione di crediti a titoli equivalenti alle lauree triennali.
Il sistema non è chiuso e il passaggio a percorsi di istruzione tradizionale sono sempre possibili. Così come può valere l’inverso. Frequentanti i corsi di Istruzione tecnica superiore sono giovani insoddisfatti della formazione scolastica ricevuta e che intendono acquisire competenze professionali non previste da percorsi scolastici. Dal livello di base fino al percorso superiore, ossia dal terzo anno dell’Iefp, l’alternanza aula-impresa è fondamentale. Stage e tirocini formativi e contratti di apprendistato regolano così il rapporto con il lavoro. Si può dire che sono studenti assenti nei corsi professionalizzanti più che semplici iscritti.
Le imprese svolgono un ruolo importante. Definiscono assieme agli istituti formativi i percorsi per le professioni più richieste. Sostengono così una programmazione altrimenti complicata. Col crescere dell’età partecipano all’orientamento dei giovani, alla valutazione dei loro primi inserimenti lavorativi e possono avviare con contratti di apprendistato i migliori skills professionali.
Il tasso di occupazione dei corsi superiori è del 100% a dodici mesi, con un tasso dell’80% a fine corso. Per i corsi triennali la media è superiore al 50%, con però tassi dell’80% per i corsi programmati con il sistema di imprese. Sono sempre professioni o mestieri spesso dimenticati dall’istruzione tradizionale: panettieri, cuochi, baristi, parrucchieri. Ma sono soprattutto meccanici, carpentieri, elettricisti o frigoriferisti le professioni con maggiore tasso occupazionale. Non mancano quelle legate alle nuove tecnologie informatiche, all’uso delle stampanti 3D o alle biotecnologie.
Sempre di più le imprese cercano persone preparate per professioni che si definiscono nel corso delle trasformazioni organizzative. Così il sistema di assistenza per telefonia e informatica richiede conoscenza ingegneristiche, ma anche commerciali e di organizzazione del personale. Multinazionali della florovivaistica occupano figure professionali nuove. Le catene alberghiere hanno esperti di ospitalità che non erano previsti fino a poco tempo fa. Solo l’incontro tra formatori e imprese può determinare un sistema con una flessibilità adeguata alle nuove esigenze occupazionali. Nel complesso quasi 70.000 giovani sono impegnati in Lombardia in questi percorsi professionali. Ogni anno oltre 15.000 entrano nel mercato del lavoro forti di una formazione che li porta ad avere un facile inserimento lavorativo. Quasi tremila giovani hanno sperimentato, nel primo anno di applicazione, il nuovo contratto di apprendistato.
È un’applicazione delle leggi esistenti, eppure i numeri della Lombardia rappresentano un minimum nazionale. Nelle altre regioni il sistema duale stenta o è apertamente boicottato. La Liguria ha avviato un modello simile all’esempio lombardo e sta decollando con efficacia. La scommessa iniziale è quella di dare la libertà ai formatori di promuovere i corsi, sostenerli, finanziare la scelta delle persone e l’efficacia dei percorsi occupazionali. Legiferare per sostenere il bene che c’è favorisce la crescita di sistemi virtuosi. Basta con le decisioni calate dall’alto. Scuola e impresa se libere da vincoli sanno come collaborare e come contribuire al bene comune. Occorre dare fiducia e abbattere barriere burocratiche e corporative.