Javier Marías, romanziere spagnolo tra i più grandi della nostra epoca e scomparso prematuramente lo scorso 11 settembre, ci ha lasciato in eredità, tra i tanti romanzi scritti nel corso della vita, un capolavoro da leggere e rileggere, come antidoto contro molte delle nostre ansie; per vivere meglio, forse, dormire meglio, pensare meglio. Per smettere di avere paura di non poter controllare gli eventi o le vite degli altri, e perfino di comprenderli, per quanto preziosi essi siano, in ogni loro lato illuminato o oscuro.
Marías in Berta Isla consegna ai lettori, con tessitura sapiente e prosa ritmica, ipnotica, accattivante, la storia d’amore di due ragazzi dell’alta borghesia spagnola che vivono un matrimonio non scalfito da alcuna ombra, apparentemente privo di opacità o sofferenze, percepibile dal mondo esterno come un microcosmo in grado di suggerire quella fastidiosa immagine di pienezza e compimento che si è sempre portati a ravvisare nelle vite degli altri, mai nelle proprie. Una culla per l’amore che i due protagonisti perseguono e scelgono di costruire con determinazione, sin dai primissimi anni di gioventù in cui si conoscono, si annusano, si studiano e poi si scelgono, armati del binomio potentissimo di rappresentazione futura e volontà che sempre assiste le scelte migliori degli uomini.
Poi, nel tempo, l’ombra si insinua anche nella perfezione apparente di quel nido, così pervicacemente costruito, un’ombra scurissima e impenetrabile, che sarà per tutta la vita della giovane e poi matura coppia di innamorati il velo che separerà le loro anime, o forse quello che le unirà, nella distanza, ancora di più. Berta scopre la vita segreta di Tomás, l’uomo cui si era votata, consacrata, da cui aveva avuto i suoi figli, quell’uomo così poco incline ad auscultarsi eppure per lei così nitidamente messo a fuoco, nel suo desiderio di amarlo e possederlo.
Tomás, in realtà, non lavora per il Foreign Office di Londra, nelle lunghe assenze che il lavoro che Berta credeva di conoscere gli impone, ma per i servizi segreti britannici, che, in tempi non sospetti, prima ancora del loro matrimonio e della vita insieme a Madrid, lo reclutano a Oxford. È un militare scelto, un uomo le cui tracce si perdono continuamente, che cambia volto, voce, accento, lingua, che viene addestrato specificamente per ogni missione cui viene applicato, il cui operato è avvolto nel silenzio per la difesa del Regno, per consentire che la vita di altri, dei civili (inconsapevole, ripetitiva, totalmente ignara di cosa i potenti della terra tramano nell’ombra di sfere inaccessibili) continui salva e al riparo da agguati che anche in tempo di pace sono capaci di sconvolgerne le fattezze.
Un uomo il cui lavoro esiste non esistendo, la cui azione svanisce avvolta nel segreto e nell’oblio, per sempre. La verità colpisce Berta dopo essere stata oggetto di minacce da parte di due agenti segreti al servizio dell’Ira durante una delle lunghe assenze da casa del marito. Da quel momento ella scoprirà che tutto quanto credeva di conoscere della vita di suo marito, fuori dalle mura ovattate e limpide della casa domestica, non solo non corrisponde a verità, ma si tratta di una realtà oscura, che non le sarà mai dato di conoscere. Questo le dirà Tomás, una volta venuto a sapere dell’accaduto che la moglie gli riporta, quando lei gli chiede spiegazioni: lui le dirà che nulla di quello di cui lui si occupa potrà mai essere riferito o detto ad alcuno, a nessuno, pena il rischio di essere accusato di alto tradimento. O così, oppure non potranno più stare insieme.
È allora che inizia un’altra vita, quella di una donna che continua a vivere accanto a un uomo di cui accetta di non sapere nulla e da cui per mesi, a volte anni, non riceve notizie, perché a lui non è permesso darne. Una vita fatta di tante altre vite, tutte quelle di cui Tomás prende le sembianze lontano da Berta, che lei immagina ma non conoscerà mai, tutte le vite che forse Tomás spezza o vende, sotto mentite spoglie, per consegnarle ai suoi superiori, che gli ordinano di depistare, ingannare, mentire, sedurre, intrappolare, essere qualcuno che non è, dimenticarsi di sé stesso, per servire la Corona, il Regno, che lui impara ad amare più della sua vita, per destino o per errore che sia.
Eppure i due resistono. Lei in attesa, come l’isola che porta nel nome, del ritorno del marito, tra le onde di anni travagliati di assenze e lontananze incolmabili. Lui altrove ma sempre con lei nel cuore, anche nei rovesci del tempo, per non dimenticarsi di chi è, a chi e a quale storia veramente appartiene.
Come fanno lo sa solo Marías, è lui che ha inventato questa storia. Ma ne potremmo conoscere molte, anche noi, nella vita vera, di storie di persone che sanno amare meglio di altri forse, perché amano saltando nel vuoto, affidandosi interamente anche quando non comprendono, o non sanno. Se la letteratura esiste per conoscere la vita, allora ognuno di noi possiede i poteri che il romanziere consegna ai suoi protagonisti, in qualche dimenticato angolo di sé; poteri tutti umani, apparentemente ininfluenti sulle sorti del mondo, eppure così capaci di aprire orizzonti di possibilità e di amore inimmaginabili, nelle piccole, uniche, irripetibili vite private.
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