Pietro Ichino, senatore PD e dal lungo passato sindacalista, scrive al Corriere della Sera per riprendere la lettera di Napolitano algi operai Fiat licenziati. Ichino sttolinea una parte della lettera, quella che lui definisce meno ovvia, quando il capo dello Stato menziona le “questioni di grande rilievo” per “il futuro dell’attività manifatturiera italiana e l’evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale”.

Napolitano, dice Ichino, manifesta preoccupazione per il cambiamento del sistema delle relazioni industriali, un cambiamento però indispensabile. Questa parte della lettera, dice Ichino, non è stata colta da nessun giornale. Il capo dello Stato invita cioè i protagonisti del confronto sindacale ad affrontare seriamente la questione della riforma delle relazioni industriali che la Fiat ha suscitato.

Ichino invita Marchionne a cogliere il messaggio di Napolitano. Per farlo, deve innanzitutto seguire quanto i giudici hanno deciso, cioè reintegrare senza riserve i tre operai licenziati. Poi deve porre con forza i nodi del dibattito da sciogliere se si vuole che l’azienda Italia decolli davvero. Cosa occorre, secondi Ichino? “Una norma che stabilisca in modo chiaro i requisiti e le condizioni di efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati, di tutte le clausole di un accordo aziendale anche di quelle che deroghino al contratto nazionale e anche di quelle che dispongano la tregua sindacale per la durata del contratto”.

Una questione, ricorda Ichino, che poneva già Marco Biagi. Dovrà, tutto ciò, essere siglato da un accordo interconfederale sottoscritto da tutti i sindacati maggiori. Allora Ichino si chiede se Cgil, Cisl e Uil e Confindustria sono davvero disponibili a trattare in tempi rapidi per colmare queste due gravi lacune de nostro diritto sindacale attuale. Se Marchionne sgombera il campo, conclude Ichino, da qualche alibi, allora anche la Cgil e gli altri sindacati dovranno abbandonare la tattica “del surplace”.