Roberta De Marchi è dedita, da sempre, al patchwork; che, letteralmente, significa “lavoro con le pezze”. In pratica, l’arte di cucire assieme parti di un tessuto per realizzare degli oggetti per la casa o per la persona che, non di rado, sono dei piccoli capolavori. Ne ha diffuso in giro per l’Italia i rudimenti e la filosofia, quando ancora veniva considerato una pratica “esotica”. Per conto dell’azienda per la quale lavorava, viaggiava tra le mercerie della Penisola, non ancora abituate a utilizzare certi materiali, insegnando a realizzare certi prodotti o proponendo attrezzature e tessuti, per allora, all’avanguardia. Si è specializzata all’estero e ha insegnato la sua arte, per un periodo, anche nelle scuole. Poi, ha deciso di dedicarsi interamente alla propria passione. In proprio. Ci sarà anche lei alla 16esima edizione dell’Artigiano in Fiera, che fino all’11 dicembre ospiterà circa 3mila espositori da 110 Paesi del mondo nel nuovo polo di Rho-Pero. E racconterà la sua storia. A partire da quando, 15 anni fa, ha aperto il suo primo negozio. Online.
Una pioniera…
Ai tempi, infatti, era il più grande d’Italia. Negli anni si è sviluppato il mercato, e ho avuto a che fare con la concorrenza.
Cosa ha fatto a quel punto?
Ho aperto due negozi fisici. Uno fuori Milano, a Merate, in Via don Perego 24, specializzato in tessuti, complementi d’arredo, editoria specializzata e ricerca sulle attrezzature. E, da settembre, ne ho aperto uno in pieno centro, a Milano, in Via Solari 46.
Ci è riuscita nonostante la crisi?
Esatto. Paradossalmente, la crisi mi è stata “alleata”. In città, i negozi di questo genere sono sempre di meno. Molti, infatti, sono stati costretti a chiudere
In cosa consiste, esattamente la sua attività?
Nella vendita, prevalentemente, di tre tipi di tessuto: americano, giapponese e francese, ma anche di, cotone, lino, lana e feltro. Vendiamo contestualmente, le attrezzature per effettuare le realizzazioni che il cliente, volendo, può imparare a fare da noi attraverso dei corsi. Oppure commissionarcene a suo piacimento. Parliamo di bambole, tovaglie, vestitini, cuscini, coperte, e via dicendo. Di tutto quello che, in sostanza, lega il mondo dei tessuti all’attività del cucito. Dalla vendita dei tessuti, e dalle realizzazione con questi materiali, inoltre, siamo passati ai complementi d’arredo.
Cioè?
Un cliente che da noi compra una tovaglia, o il materiale per realizzarla, può, contestualmente, acquistare delle tazze, o il materiale per costruirle.
Quanti dipendenti ha?
Tre fissi, più 3 o 4 collaboratori saltuari. Posso, da questo punto di vista, ritenermi molto fortunata. In questo momento, infatti, ho un team di persone che potrei tranquillamente “abbandonare” alle fiere nella convinzione che le persone con le quali avranno a che fare, in seguito torneranno nei miei negozi.
Le giovani generazioni, per lo più, pur essendo afflitte dalla disoccupazione, difficilmente sarebbero disposte a fare un lavoro come il suo. Cosa ne pensa di questo fenomeno?
Credo, in tutta onestà, che la gente cerca lavoro e prega di non trovarlo. Mi spiego: lavoro, in giro, volendo, ce n’è. Tuttavia, in molti sono privi dell’umiltà per dedicarsi a certi impieghi, considerandoli meno dignitosi di altri. Soprattutto se si tratta di professioni artigiane. Eppure, le ragazze che cuciono per me tutto il giorno sono dotate delle stessa professionalità di chi fa uno tra tanti lavori considerati di maggior prestigio.
Quali caratteristiche sono necessarie per fare il suo lavoro?
Buona volontà e l’attitudine alla creatività. Il resto si impara. Nella consapevolezza che un lavoro del genere non consentirà mai di ottenere chissà quali guadagni. Né, talvolta, commisurati all’impegno.
Perché, allora, lo fa?
Perché, semplicemente, è un lavoro bellissimo. Costruiamo oggetti con le nostre mani, mettendo in gioco la nostro creatività e la nostra fantasia. E ci divertiamo. Inoltre – nonostante a volte io non riesca a dormire la notte pensando a fornitori, bollette, spese ecc… – si tratta pur sempre di un’impresa che riesce a stare sul mercato e far vivere dignitosamente, oltre a me, altre persone.