Stickmen, il più recente progetto di uno dei bassisti più richiesti nel mondo musicale e colonna portante della band della carriera solista di Peter Gabriel e soprattutto dei King Crimson degli anni ’80 e ’90 è passato qualche giorno fa per il Blue Note di Milano. Il suo nome è Tony Levin e lo trovate nei crediti dei dischi di mezzo mondo. Il progetto prende il nome dallo strumento che suona (lo stick) sorta di basso chitarra a 12 corde che prevede la produzione del suono non dal pizzicato delle corde ma dalla loro sola percussione: in questo modo tutte e due le mani possono essere usate sulla tastiera su una estensione di frequenze di un pianoforte.
Gli altri due componenti del trio sono l’ultimo batterista dei King Crimson Pat Mastellotto, alla batteria acustica ed elettronica e all’uso di campionamenti, e Markus Reuter, formatosi alla scuola di chitarra di Robert Fripp (The League of Crafty Guitarists) e componente del gruppo austriaco Centrozoon, alla touch guitar (una via di mezzo tra uno stick e una chitarra, autocostruita). Reuter sostitusce Michael Bernier che suonava lo stick nella prima formazione, provocando un cambio nelle sonorità del trio e un aumento del retaggio crimsoniano sul progetto.
Levin in questo progetto abbandona i momenti più melodici della sua carriera (a parte un paio di momenti di ispirazione gabrieliana) e approfondisce uno spigoloso risvolto heavy metal dell’anima crimsoniana dando luogo a una musica molto aspra e rumorosa con note che sembrano scolpite nel legno data la prevalente natura percussiva degli strumenti. Una sorta di suono cubista. Nonostante la pesantezza della distorsione la performance risulta entusiasmante per la densità di idee musicali che Mastellotto inventa e scaraventa senza pietà sulla batteria, la freschezza delle melodie di Reuter e alla versatilità di Levin che fa sembrare tutto semplice grazie anche a una certa dose di umorismo.
Un gruppo che dimostra come si possa unire una straordinaria padronanza tecnica alla voglia di comunicazione, quando di fondo c’è umiltà e grande passione per quello che si suona. A dispetto dell’età e della lunga carriera, Levin e Mastellotto mantengono una carica e un approccio giovanile, senza scadere in giovanilismi o sterili rifacimenti di sé stessi. Il concerto pesca i brani dai tre dischi rilasciati dal progetto più qualche brano dei King Crimson: “Indiscipline” da Discipline “recitata” con umorismo in italiano, “Vrooom Vrooom” da Thrak e ‘Industry’ da Three Of A Perfect Pair rivisitata in una versione moderna quasi più bella dell’originale. Chiude il concerto la bella esecuzione della suite dell’“Uccello di fuoco” di Stravinskij.
All’insegna dell’ironia iniziano i bis con l’annuncio della scoperta del Fermilab di una nuova particella, un bosone probabilmente responsabile di una forza fisica non ancora conosciuta e commenta: «quale altra band nel mondo dà notizie come queste a un concerto»… I bis proseguono con altri due brani tra cui un omaggio voluto da Reuter al re cremisi per antonomasia, Robert Fripp, proponendo “Breathless” dal suo disco solista Exposure.
Il pubblico (tra cui alcuni turnisti italiani) partecipa con calore per tutta la performance, grazie anche alla ridotta dimensione dell’evento in un locale in cui si può instaurare un rapporto di intimità tra musicisti e pubblico, e si gode la presenza affabile dei musicisti agli autografi di rito alla fine del concerto. Manca ormai solo un disco dal vivo come documento di questa esperienza.
(di Pierluca Mancuso e Stefano Baraga)