«Vengo da una famiglia di imprenditori nel campo della ristorazione. Ho scelto però di intraprendere una strada diversa: mi sono diplomato, ho fatto l’Università e poi ho iniziato a lavorare nel settore della strumentazione elettromedicale. Dopo dieci anni di esperienza nelle multinazionali sono diventato product manager. Nel 1988 il desiderio di autonomia e di creare un’impresa tutta mia mi ha comunque portato a rilevare un ristorante a Milano, il “Leon d’Oro”». Michele Inserrato racconta a IlSussidiario.net la sua storia imprenditoriale, caratterizzata da molti momenti difficili, ma anche da parecchie soddisfazioni: «Nella scelta di aprire un ristorante ha sicuramente influito la mia storia. Sono di origine cilena, lì la mia famiglia aveva un ristorante che si chiamava “Valle de Oro”. Anche grazie al nome forse è scattato qualcosa che mi ha convinto a ripetere quest’avventura a Milano. Il fatto di essere un dipendente e di avere grossi problemi quando dovevo tornare in Cile ha fatto il resto».
E oggi, come vanno le cose?
Ora mi sto specializzando nei prodotti agroalimentari della zona, quelli che vengono chiamati “a chilometro zero”. Il posto è stupendo e proprio il cortile interno al ristorante di 800 metri quadrati, con un albero secolare e una grande cascina, ci ha permesso di dare il via alla seconda fase.
In che senso?
Con un gruppo di amici creai l’Associazione Gallo Brillo e la società Edobibo. Avevamo già iniziato a pulire e a ristrutturare tutto per creare un centro di ritrovo per la promozione dei prodotti agroalimentari del territorio. Purtroppo però uno dei soci venne a mancare molto giovane.
E il progetto si fermò?
Effettivamente eravamo pronti a riconsegnare il contratto d’affitto. Cercavamo degli imprenditori, ma gli unici interessati erano imprese costruttrici che volevano speculare e questo proprio non ci piaceva.
Poi nella Compagnia delle Opere abbiamo trovato degli imprenditori che condividevano le nostre idee e così è nata una nuova impresa, con un investimento di circa tre milioni di euro: il ristorante “Le tre T”, come territorio, tipicità e tradizione. Oggi sembra banale, ma questo è accaduto dieci anni fa quando non era così comune mettere in piedi un’attività del genere.
Come si è sviluppata questa attività?
Forse un investimento così importante ha coinciso con un eccesso di sicurezza e di presunzione. In più è arrivata la crisi economica. Ora tre delle aziende che avevamo costituito sono in liquidazione, anche a causa di qualche errore nella gestione. Ho dovuto cedere il Leon d’Oro e anche il nuovo ristorante nella cascina è gestito da uno chef romano che sfortunatamente non serve più cucina tipica lombarda, anche se è bravissimo.
Queste difficoltà che scelte l’hanno portata a prendere?
Non mi sono scoraggiato. Ho continuato a dedicarmi alla promozione dei prodotti agroalimentari, con particolare attenzione alla possibilità di produrre in Cile. Oggi fornisco alle aziende cilene il know-how e le conoscenze del settore agroalimentare. Grazie ad alcune aziende italiane in Cile stiamo producendo olio extravergine di oliva. Devo ammettere che sta anche venendo molto bene…
(Claudio Perlini)