“Noi siamo quelli che nel ‘63… hanno inventato il cabaret”. E la loro comicità ancora oggi fa ridere come 50 anni fa e sa rinnovarsi. Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto sono in scena al Teatro Nuovo di Milano, fino al 25 novembre 2012, con Quelli del cabaret: un excursus nella lunga e splendente carriera artistica del duo comico, attraverso le loro memorabili gag e le storiche canzoni che hanno attraversato generazioni. Ma, come rivela Renato Pozzetto in questa intervista a ilsussidiario.net, non ci sono solo gli “evergreen”, ma brani inediti che prendono spunto dalla quotidianità e dall’attualità. Renato Pozzetto si prepara a tornare in tv: prossimamente sarà protagonista di una fiction, di cui non è solo interprete, ma anche ideatore e sceneggiatore.
“Quelli del Cabaret”, lo spettacolo che state portando in scena a Milano, è un po’ una celebrazione dei 50 anni della carriera e del sodalizio artistico di Cochi e Renato. All’inizio della perfomance cantate “Noi siamo quelli che nel ’63, senza saperlo hanno inventato il cabaret”. Ci racconta come è nato questo testo?
Si tratta di una canzone rap che dà inizio allo spettacolo. La canzone dice: “Eccoci qua siamo arrivati/ eccoci qua/ voi non ci credevate/ ma siamo ancora qua (data l’età, dico io…) Noi siamo quelli che nel ‘63 senza saperlo abbiamo inventato il cabaret”. Nel 1963 Cochi e io frequentavamo una galleria d’arte a Milano, La Muffola, e un’osteria attigua che si chiamava L’oca d’oro, in cui abbiamo conosciuto grandissimi artisti, pittori, scultori e tanti milanesi appassionati d’arte. In questi luoghi che eravamo soliti frequentare abbiamo conosciuto parecchi colleghi che passavano dalla galleria in occasione di vernissage o mostre, ogni tanto si beveva insieme qualche bicchiere di vino, si tiravano fuori le chitarre e si trascorrevano splendidi momenti in compagnia. Abbiamo conosciuto Dario Fo, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Bruno Lauzi… Un giorno, suonavamo insieme, Jannacci ci ha offerto di partecipare al Gruppo Motore, che a sua volta si sarebbe incaricato di fornire lo spettacolo al Derby club di Milano. Io e Cochi abbiamo iniziato così e abbiamo fatto otto anni di Derby e poi tutto il resto… ed eccoci qua oggi.
In teatro il pubblico assisterà a un coinvolgente percorso nelle vostre canzoni e gag: ci sarà anche qualche inedito?
Ci sono venute in mente cose divertenti e le proponiamo al pubblico. C’è una canzone dedicata alla Malpensa che parla di un nano con la faccia da aeroplano che si innamora, corrisposto. Io sarò la hostess che cercherà di stare vicino al suo amore. C’è una canzone dedicata a tutti gli italiani, un brano dedicato alla nostra salute in cui diciamo che noi canteremo e ci daremo da fare finché arriverà il momento… C’è uno sketch con canzoni dedicate a un barbiere di corso Vercelli a Milano, davvero divertente. Tanti pezzi nuovi e tanti invece molto conosciuti, che se non facciamo la gente “ci mena”…
A Cochi e Renato capita di improvvisare o c’è un copione ben rispettato?
No, scriviamo canzoni e testi. Ne parliamo, ci divertiamo a prepararli, li trascriviamo e poi cerchiamo si essere fedeli al copione, in modo da essere precisi e tenere il ritmo.
Lo spettacolo approda al nuovo di Milano dopo una serie di “sold out” in tutta Italia. Come spiega questo successo?
Credo sia merito della nostra esperienza, la possibilità di aver scelto tra tantissimi pezzi, potendo quindi dare i migliori al nostro pubblico. E anche, forse, un po’ di nostra abilità e presenza in altri ambiti dello spettacolo, come il cinema e la televisione.
Restando in tema di cinema, lei ha avuto al suo fianco attori come Carlo Verdone, Nino Manfredi, Enrico Montesano e altri. Cosa le hanno lasciato?
Abbiamo fatto lo stesso mestiere, abbiamo lavorato insieme, cercando, in ogni prodotto che abbiamo realizzato di farlo al meglio, dando noi per primi il massimo. Sono andato d’accordo con gli attori con cui ho diviso queste esperienze professionali, come è giusto che sia tra colleghi in ogni ambito professionale.
Musica, mimica, battute, dialoghi: Cochi e Renato hanno un “ingrediente” segreto?
Non ci sono segreti… siamo sul mercato da cinquant’anni. Siamo quello che siamo e ognuno di noi, parlo di Cochi, di me e di altri colleghi, propone ciò che reputa il meglio del suo pensiero, del proprio estro e della propria inventiva. Forse abbiamo avuto anche una buona dose di fortuna, ma credo che non sia stato solo questo… contano anche merito, esperienza e della ottima squadra di autori che abbiamo.
Avete portato in televisione, al cinema e in teatro una comicità “milanese”, “nordica”…
Non dividerei la comicità in aree geografiche. Noi abbiamo scoperto un mondo “surreale” che ci divertiva e l’abbiamo proposto al pubblico attraverso i nostri lavori e le nostre canzoni. Se si guarda la televisione, c’è poca differenza tra comici del Nord e comici del Sud, non ci sono “confini”. Forse la proposta comica di Cochi e mia è particolare e forse è anche per questo che siamo ancora sulla cresta dell’onda.
Recentemente è stato impegnato sul set della fiction Casa e bottega, che vedremo in onda su Rai Uno: ce ne può parlare?
La fiction nasce da una mia idea, che ho sceneggiato insieme a Francesco Arlanch, giovane sceneggiatore. Raccontiamo una storia di oggi: un imprenditore alle prese con la crisi, con i soldi che mancano, con gli strozzini e con i guai in famiglia perchè quando mancano i soldi i problemi anche legati ai rapporti con i familiari emergono con maggiore facilità. Si tratta di una fiction con una storia davvero attuale. Dicono che sia venuta bene, siamo curiosi di sapere se il pubblico gradirà…
(Camilla Schiantarelli)