Ad un anno dalla sua entrata in carica come primo cittadino di Milano, Giuliano Pisapia, durante un’intervista a Radio Popolare, ha ribadito che manterrà la promessa che aveva fatto durante la campagna elettorale: dotare, entro l’anno, la città di un registro delle unioni civili. Un provvedimento che doveva già essere stato discusso in Consiglio Comunale a Palazzo Marino. La delibera che avrebbe, infatti, dato il via alla discussione in consiglio comunale avrebbe dovuto essere depositata a metà febbraio ma tutto era stato congelato per agevolare una discussione e partecipazione dell’intera maggioranza di centrosinistra: l’iniziativa, infatti, aveva creato non poche tensioni, soprattutto con Sel e Fds che si erano sentiti scavalcati. Critiche all’annuncio del deposito del testo erano arrivate anche da una parte dell’area cattolica del Pd, che avrebbe preferito che della questione si parlasse dopo la visita a Milano del Papa prevista fra pochi giorni per l’Incontro Mondiale delle Famiglie. Nello specifico gli iscritti al registro potranno accedere a una serie di servizi garantiti dal Comune come: l’accesso alle graduatorie delle case popolari, la ricezione i contributi al Welfare per l’affitto o il mutuo, la possibilità che il figlio di una coppia gay possa essere ritirato dalla scuola anche non dal genitore naturale e l’assistenza in ospedale. Ad usufruire dei benefici tutti coloro che non sono uniti vincolo del matrimonio, compresi quelli dello stesso sesso, ma anche le persone anziane che vivono insieme per motivi economici o di amicizia. “Mi sembra che ci sia un tentativo di rendere liquido il concetto di matrimonio, permettendo a due persone che, semplicemente vivono insieme, di essere considerata una famiglia – dice a IlSussidiario.net, l’avvocato Marisa Meroni dello studio Sciumè Zaccheo- E questo significa slegare il tutto da impegno e responsabilità, basilari per la concezione di famiglia”.



Pisapia è tornato sulla possibilità di istituire un registro delle unioni civili, come si inserisce nella nostra costituzione?

Credo proprio che non possa inserirsi.

In che senso?

Nel senso che il registro non può in nessun modo intervenire a modificare i fondamenti della nostra Costituzione che riconoscono il valore del singolo e del matrimonio. Quindi le unioni di fatto, credo, possano solamente rientrare fra quei casi che la Costituzione promuove e riconosce come aggregazioni fra persone.



Come è possibile che un atto formale di un comune vada a divergere con la Costituzione?

Di fatto non si scontra: semplicemente non può ottenere lo scopo per il quale vuole essere istituito, cioè vuol rappresentare una strada per dare un riconoscimento formale alle unioni di fatto e per questo non può essere valido. E’ niente più che un atto ricognitivo, in cui viene detto che due persone vivono insieme.

Si scontrerebbe, dunque, con il concetto di famiglia?

Certamente è nell’intenzione di chi lo promuove o chi ne prende parte; chi intende creare questi registri vuole aprire una strada verso lo scontro, per distruggere l’idea di famiglia e formare una serie di altre ipotesi che possano essere equiparate all’idea di famiglia. Attraverso questo tipo di strumenti, a mio parere non adeguati, si intende arrivare a dire che anche quelle sono famiglie.



Il certificato che verrà rilasciato quale valenza giuridica avrà?

Sarà, come dice lei, un semplice certificato e, come tale, attesterà che due persone vivono sotto lo stesso tetto e nulla di più. Il nostro ordinamento riconosce il valore della persona e i diritti di essa. Riconosce poi i diritti delle persone di aggregarsi, di riunirsi, di svolgere attività comuni e riconosce dei diritti a queste attività. Però, riconosce la famiglia come tutt’altro soggetto giuridico. Questo registro non può in nessun modo creare un “terzus genus” fra il singolo e il nucleo familiare: non è lo strumento adatto, dal momento che un certificato sullo stato di famiglia attesta appunto una situazione che, solitamente, include un padre, una madre e dei figli. Mentre, il documento che verrà rilasciato con l’iscrizione al registro, attesta solamente che due persone vivono insieme e lo fa, parlando semplicemente dello stato presente. Prende atto di una situazione in essere. Niente più. Il tema fondamentale è un altro.

Quale?

Il vivere insieme, fa di queste persone una famiglia? A mio parere, assolutamente no.

Quindi cosa manca?

Beh, l’atto fondamentale che attesta che due conviventi sono a tutti gli effetti una famiglia è il matrimonio, dal quale deriva il “rapporto di coniugio”, quindi un rapporto giuridicamente rilevante come la parentela, appunto e i diritti e i doveri dei coniugi. Dall’esistenza di un registro comunale, tutto ciò non può sorgere.

Quali sono i rischi se si dovesse creare il registro delle unioni civili?

Non è un rischio, tra virgolette, giuridico. E’ l’intenzione di cercare di dissolvere il significato e l’importanza della famiglia nella coscienza dei singoli. E’ l’eliminazione del fondamento della famiglia, cioè il consenso prestato dai coniugi nei confronti di un soggetto terzo, lo Stato, con i diritti e gli obblighi che ne derivano.

Basandosi su questo aspetto, il registro potrebbe portare benefici a chi vive insieme e non è, a tutti gli effetti, una vera e propria coppia?

In teoria sì. Mi risulta, anche se non posseggo una documentazione certa a riguardo, che in Francia coloro che vivono insieme hanno determinati vantaggi, ad esempio, di tipo abitativo per alcune fasce di età, come i giovani. E’ sufficiente iscriversi a questo registro per ottenere queste agevolazioni, quindi non vedo perchè non si debbano iscrivere due sorelle, due fratelli o persone che decidono di convivere per approfittare di alcune agevolazioni.

(Federica Ghizzardi)

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