Ormai da qualche anno il pianista russo Arcadi Volodos si è imposto sulla scena musicale internazionale come uno dei più grandi interpreti della musica pianistica di Rachmaninov. La sua incisione del Terzo Concerto per pianoforte e orchestra con i Berliner Philarmoniker, diretti da James Levine, è già entrata nella storia della discografia pianistica e le date dei suoi tours mondiali, seguiti a quell’incisione, sono divenute degli appuntamenti assolutamente imperdibili. Le aspettative che si nutrono prima di un concerto di Volodos sono sempre altissime e, il più delle volte, ampiamente soddisfatte; come è successo la sera di mercoledì 3 settembre al Teatro Regio di Torino, per uno degli appuntamenti più attesi del Festival di Musica “Mito” Settembre Musica.
Accompagnato in modo egregio dall’Orchestra Filarmonica di Helsinki, diretta da Jukka-Pekka Saraste, Volodos ha sfoderato un Concerto n. 3 in re minore per pianoforte e orchestra op. 30 di Sergej Rachmaninov di una forza e una passionalità travolgenti, difficilmente eguagliabili. Il pianismo di Volodos è solido e completo: a una tecnica agilissima e impeccabile unisce un’opulenta ricchezza timbrica e un’ampia gamma di gradazioni sonore, nei differenti registri del pianoforte, una forza e una quantità di suono imponenti, una capacità di fraseggio raffinatissima. Armato di tali mezzi tecnici Volodos ha affrontato le funamboliche difficoltà del concerto di Rachmaninov con una maturità e una chiarezza di intenti stupefacenti: il pubblico del Regio è stato guidato attraverso i complessi percorsi della monumentale pagina di Rachmaninov da un’artista la cui intelligenza e sensibilità musicale si esprime tanto nei momenti di lirismo malinconico e sognante quanto in quelli di travolgente enfasi virtuosistica e di grande pathos melodico. Ogni angolo più remoto dell’immane universo sonoro del Concerto di Rachmaninov è parso illuminato da una chiarissima visione interpretativa, attenta tanto ai minimi dettagli quanto alla coerenza globale, con notevoli spunti di originalità. Insomma, attualmente, è difficile immaginare chi possa anche solo eguagliare la vetta interpretativa raggiunta, in questo concerto, dal pianista Volodos che, a soli 36 anni, si presenta come uno delle figure più interessanti del panorama pianistico internazionale.
Il concerto ha, poi, visto protagonista l’ottima Orchestra Filarmonica di Helsinki, un’istituzione storica, uno dei primissimi complessi orchestrali nati nelle terre del Nord (fu fondata nel 1882), diretta da Jukka-Pekka Saraste, suo direttore musicale stabile. Hanno aperto la serata con una pagina di Modest Musorgskij di grande fascino: l’Ouverture L’alba sulla Moscova dall’opera La Chovanšcina (nell’orchestrazione di Nikolaj Rimskij-Korsakov). Un brano che, raccogliendo gli spunti programmatici offerti dall’atmosfera aurorale che dovrebbe evocare proprio all’inizio dell’opera, risulta particolarmente interessante sotto il profilo timbrico: aspetto che l’orchestra di Saraste ha saputo evidenziare attraverso una cura raffinata della qualità del suono, soprattuto nei frequenti pianissimi degli archi e degli ottoni e nel vibrato caldo e pieno dei violoncelli.
Il piatto forte della seconda parte della serata è stata, poi, la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 43 di Jean Sibelius, una delle più celebri e riuscite pagine sinfoniche del compositore finlandese, fra i maggiori esponenti delle cosiddette “Scuole nazionali”, quei movimenti musicali che proliferarono sul finire del secolo diciannovesimo, nei vari stati europei, legati dal comune l’interesse per il recupero e la valorizzazione dei patrimoni di musiche di estrazione popolare. La Sinfonia di Sibelius è un brano di grande attrattiva, soprattutto per l’originalità della costruzione formale, libera da schemi rigidamente definiti e, anzi, votata ad un continuo scorrere musicale attraverso episodi di differente carattere espressivo, in un intreccio in cui non è raro riascoltare più volte la medesima idea musicale sotto vesti strumentali differenti. L’orchestra ha interpretato con grande sapienza di fraseggio e estrema varietà di colore musicale le più differenti situazioni musicali che l’affresco sinfonico di Sibelius presenta: dalle desolazioni del secondo movimento, al brio frizzante dell’inizio del terzo movimento alla grandiosità della perorazione ottimistica del finale.
(Marco Targa)