Non hanno fatto prigionieri i Massimo Volume nell’ultima data siciliana a supporto del nuovo disco, il primo dopo dieci anni, Cattive Abitudini. Osannato da critica e pubblico – salutato all’unanimità come miglior lavoro italiano del 2010 – il magniloquente album di Emidio Clementi (basso/voce), Vittoria Burattini (batteria), Egle Sommacal e Stefano Pilia (chitarre), è stato riproposto interamente dal vivo.
Dalla prima all’ultima nota – in rigoroso ordine di successione delle canzoni, così come appaiono nella tracklist del cd – Cattive Abitudini non ha lasciato dubbi sull’efficacia del nuovo materiale e sul fatto che questa sia davvero la miglior formazione di sempre dei Massimo Volume, come lo stesso Clementi ha già sottolineato.
Nell’acclamato tour del 2009 – in occasione della reunion, anelata a furor di popolo – la line-up appariva già rodata e amalgamata, col solo nuovo chitarrista Stefano Pilia (ex Settlefish, oggi collaboratore de “Le Luci della Centrale Elettrica”) forse ancora un po’ oscurato dalla maestosa chitarra di Egle Sommacal. Ora, invece, i due hanno creato un equilibrio prima inedito nelle trame sonore del gruppo: se Sommacal, ovviamente, continua a determinare gli umori musicali della band – coi suoi classici arpeggi ipnotici di matrice post-rock – Pilia ha aggiunto una sua cifra stilistica peculiare, agendo sia da rumorista che da vorticoso generatore di linee chitarristiche emotive e coinvolgenti, come ha già dimostrato col suo determinante contributo al nuovo album.
Alle ore 23:10 – “presto” per gli standard catanesi, dove i concerti nei club cominciano raramente puntuali e, a volte, pure tardissimo – la band, applaudita, si fa strada fra le attrezzature. Il pubblico – equamente diviso tra fan storici e di primo pelo, musicisti e addetti ai lavori – immediatamente si zittisce, come all’inizio di una liturgia, non appena i musicisti imbracciano gli strumenti.
I primi due brani suonano un po’ sfocati – per colpa di un mix audio imperfetto, che soffoca chitarre e batteria – ma subito si raggiunge il giusto equilibrio e la band spicca il volo, sostenuta dagli applausi della gente, unico suono nei silenzi fra un pezzo e l’altro, dato che Clementi – come suo solito – si rivolgerà alla platea solo prima dei bis.
Già con Le Nostre Ore Contate tutti i pezzi sono al loro posto: il basso marziale e il recitato ieratico di Mimì, che declama con passione racconti che sfiorano la perfezione narrativa, catapultando l’ascoltatore in un’epica di personaggi e casi umani che ha sempre contraddistinto la poetica del nostro; la batteria spietata e puntuale di Vittoria; gli incroci e le sponde chitarristiche di Egle e Stefano, intrecci perfetti che paiono suonare come un solo strumento.
Litio è già un classico e risulterà fra le meglio accolte: il riff a spirale di Sommacal è fra le cose migliori mai partorite dal chitarrista, fra i più originali e creativi della sua generazione. Fino alla commovente Mi Piacerebbe Ogni Tanto Averti Qui il concerto si snoda fluivo e coinvolgente, ma è con Fausto – altro jolly dell’album, fra le più vicine al vecchio e indimenticabile repertorio del gruppo – che un pubblico disciplinato, finalmente, si accende: Mimì è in trance da palco e l’incedere micidiale della canzone fa il resto. Da segnalare la coda noise di Via Vasco De Gama e l’arpeggio ammaliante e ossessivo di In Un Mondo Dopo Il Mondo, che chiude album e cuore dello show.
La band non ha ancora lasciato il palco che la platea già invoca il bis, subito accontentata: l’imprescindibile Il Primo Dio e Lungo i Bordi, dall’omonimo e amatissimo secondo album, più un’intensa Stagioni – dal successivo e irrinunciabile terzo disco Da Qui – con un Pilia sugli scudi: come ama sottolineare un mio caro amico musicista, poche canzoni riescono a descrivere il sentimento dell’amicizia – senza mai citarlo – in modo così reale e mai smielato.
I Massimo Volume ringraziano ed escono, ma il pubblico non è ancora sazio: quasi non ci si spera, ma – dopo un’incessante invocazione e con gran giubilo degli astanti – il gruppo è nuovamente on stage per concludere all’insegna del “come eravamo”, con qualche pezzo dall’indimenticabile esordio Stanze (del 1993): la title-track, In Nome Di Dio, Fuoco Fatuo e una Vedute Dallo Spazio/Ororo da brividi. Insomma, un inaspettato doppio bis – per un totale di sette brani! – in aggiunta alla riproposizione integrale e appassionata di un album che può, senza timore, posizionarsi tra le cose migliori mai realizzate dal gruppo: il loro concerto era tra gli eventi rock più attesi nell’inverno catanese e le aspettative non sono state deluse.
I Massimo Volume sono la splendida eccezione che conferma la regola, perché molto raramente una band che si riunisce dopo tanti anni torna a essere all’altezza – sul palco e soprattutto in studio – dei suoi fasti passati: Cattive – ma godibilissime! – Abitudini, che speriamo questo gruppo non perda mai.
(Giuseppe Ciotta)