Sarà forse per la sua voce coinvolgente, sarà forse per lo struggimento delle parole del suo brano, ma uno dei nuovi volti di Sanremo (clicca qui per “i promossi e i bocciati del Festival”), Pierdavide Carone ha già in un certo senso avuto la sua vittoria. Come autore poi, nonostante la sua giovane età (classe ’88), sa già cosa significa vincere il Festival (sua “Per tutte le volte che” cantata da Valerio Scanu, al primo posto nel 2010). Quest’anno ha portato all’Ariston in coppia con Lucio Dalla il brano Nanì. Una canzone per niente semplice e dal testo piuttosto impegnativo.
Pierdavide, come stai vivendo questa tua partecipazione al festival della canzone italiana?
In maniera molto fatalista, filosofica. Perché questo deve essere un punto importante per quello che deve essere il disco, ma sopratutto per la mia vita artistica. È questa la cosa realmente importante. Poi ovvio che magari in gara siamo in dieci e abbiamo tutti le stesse possibilità. Per la legge dei grandi numeri abbiamo il 10% di possibilità di vincere, come tutti.
Mi ha veramente impressionato il duetto di ieri sera con Grigniani, è stata davvero una grande performance. Com’è nata l’idea?
Stavamo parlando con chi aveva collaborato a realizzare questo disco, e facevamo un po’ di nomi. Di duetti (clicca qui per il video di quello con Mads Langer) che possono fare audience ce ne sono tanti, ma di duetti artistici sono più difficili da trovare. Noi non volevamo creare qualcosa di pretestuoso.
A Lucio a un certo punto si è accesa una lampadina e ha detto “perchè non Grignani?”. Devo dire che è la scelta giusta perché il pezzo credo che abbia una rabbia intrinseca che magari la mia introspezione non fa uscire totalmente fuori perche io sono di carattere proprio diverso, sono uno che somatizza di più le cose della vita e quindi la mia musica ne risente. A un certo punto si è sentito il bisogno di un po’ più di rabbia, e allora ho chiamato Grignani.
Ottima scelta. È una canzone molto bella, molto particolare. Mi racconti com’è nata?
Io l’ho scritta immaginando quello che succede oggi, anche se il perbenismo benestante tende a reprimere. Credo che idealmente, molti adolescenti non hanno scoperto l’amore in tutte le sue forme. A quanti sarà capitato di imbattersi in una donna che l’amore lo usa come mestiere.
Ho cercato di farlo però senza quella volgarità, che molti possono attribuire normalmente a questa relazione inconsueta. Credo che ci sia qualcosa di molto poetico, come nella Roma di Pasolini.
Io per primo non avevo intravvisto quel potenziale che Lucio aveva invece intravvisto. Allora ci siamo messi a lavorare. In qualche modo la sua presenza successiva è stata fondamentale perché ha certificato quello che era l’impatto del testo.
Tu del gruppo di giovani artisti usciti dai reality sei un pò il più intellettuale. Ti ci riconosci in questa definizione?
Ognuno ha il suo percorso e i suoi mezzi. Io sono uno che in qualche modo sta di più sulle cose. Emma invece lavora molto più di “pancia”, è una che mangia il palco. Diciamo che il fatto che ognuno di noi porti della novità è fondamentale. La mia identità è questa. Il Festival di Sanremo rende partecipi tutti della personalità degli artisti e spero che la mia riesca in qualche modo a entrare nel cuore delle persone.
Come hai trovato il duetto di Emma e Alessandra ieri?
È stato un bel momento. Alessandra ha dovuto fare un pezzo molto diverso dalla sua discografia, ma si è calata nella parte inaspettatamente in un modo che mi è piaciuto. Mi ha piacevolmente colpito, è stato un bel momento.
Il lavoro con Dalla. Come ti sei trovato con questo grande? Che tipo di esperienza è stata lavorare con uno come lui?
Un’esperienza formativa a dir poco. Quello che lui ha potuto dare a uno come me che sta cercando di percorrere un sentiero che è ultimamente a dir poco lasciato andare. Io credo che il movimento cantautoriale abbia dato tanto all’Italia e al mondo, se pensiamo a Dalla anche solo con Caruso, o se pensiamo a De Gregori. È un movimento un po’ in disarmo, e io sto cercando di riprenderlo, e lavorare con uno che ha fatto si che questo movimento diventasse così importante non può che inorgoglirmi ed essere funzionale a quello che è il mio progetto musicale.
Tu hai già vinto Sanremo come autore. Che impressione hai avuto da questa edizione?
Ho avuto l’impressione di una grandissima voglia di rinnovamento. In questa settimana ho sentito questo desiderio anche da parte del pubblico. Il nostro connubio artistico credo sia l’emblema di quello che sto dicendo perché è il passato e anche il presente. In qualche modo fare i dischi si scontra con quello che è invece il futuro, segno che la musica italiana sta andando avanti. E sono orgoglioso di essere parte di questo rinnovamento.
(Paolo Vites e Caterina Gatti)