Le attenzioni della politica – Se introducessimo una sorta di “par condicio” dei contenuti, per regolare il tempo da dedicare, in campagna elettorale, ad alcuni dei temi fondamentali, potremmo presumere che molti politici si troverebbero in difficoltà. Giunto il momento di dedicare lo spazio dovuto al tema “scuola e università” sarebbe lungo l’elenco degli impreparati. Diciamolo francamente: alla politica (e, soprattutto, ai vertici dei partiti) l’argomento interessa poco. È un tema che non attira più di tanto l’attenzione (e gli umori) degli elettori, quindi meglio puntare su pensioni o tasse, per solleticare l’interesse generale. Il lancio di una vera riforma del nostro sistema scolastico e universitario richiederebbe discorsi di contenuto, e soprattutto una disponibilità a progettare “investimenti” politici a lungo termine. Tutte cose inadatte a una campagna elettorale.
Non solo emergenza educativa – Già di per sé il tema dell’emergenza educativa nel nostro Paese dovrebbe mettere in allarme un mondo politico veramente teso al perseguimento del bene comune. Ma se anche questo non fosse sufficiente a ridestarne le attenzioni, dovrebbero quanto meno far rialzare la testa i continui moniti, provenienti da vari economisti (in primis dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi) sull’esigenza di riformare scuola e università per dare una vera spinta al nostro sistema economico e produttivo decisamente stagnante. L’immobilità delle università nostrane è sotto gli occhi di tutti; il disastro della scuola superiore, poi, è più che certificato dai continui e sempre sconfortanti esiti delle indagini Ocse-PISA.
Il nodo della concorrenza – Eppure la strada da percorrere c’è. L’autonomia, la concorrenza tra le università, l’introduzione di un serio sistema di valutazione, come dettagliatamente descritto nell’approfondimento di Tommaso Agasisti, sono temi che si trovano, in forme diverse, nei programmi sia del Pd che del Pdl (se non nei discorsi elettorali, almeno sulla carta ci sono). Ed è una convergenza che giudichiamo più che positiva. Il problema è avere una politica capace di affrontare battaglie coraggiose, che vadano a scontrarsi contro le tante rendite di posizione che si annidano nel mondo scolastico e accademico. Un esempio virtuoso è quello segnalato da Nicola Rossi: è la battaglia ingaggiata, e vinta, da Tony Blair (anche contro il proprio partito) per l’innalzamento della qualità dell’università, sia pure a costo dell’aumento delle tasse di iscrizione e con l’introduzione del prestito d’onore agli studenti, da restituire a rate dopo l’ingresso nel mondo del lavoro. Attendiamo anche in Italia manifestazioni del medesimo coraggio.