Qualità, autonomia, parità, valorizzazione della professione docente; e molto altro ancora. Le questioni sul tavolo in tema di scuola sono veramente tante. E, ciò che preoccupa di più, quasi tutte sembrano assai lontane da una possibile soluzione. L’imbarazzo delle pesanti valutazioni che arrivano puntualmente dai dati Ocse-PISA sembra per il momento aver generato più che altro un aumento di discussioni sul problema della scuola; ma per i cambiamenti reali sembra si debba aspettare ancora un po’. Intanto incombono le elezioni, e, una volta passati gli ultimi insopportabili giorni di campagna elettorale con relative e inconsistenti guerre di dichiarazioni e contro-dichiarazioni, sono in molti ad aspettarsi che il futuro governo prenda seri impegni in materia di riordino della scuola. Non un’altra riforma, per carità; ma semplicemente quello che tutti si aspettano. E cioè che il nostro sistema scolastico inizi finalmente ad assomigliare sempre meno a un grande ufficio pubblico, con utenti annoiati e sfiduciati, e personale “fannullone” e demotivato. Una prima impressione per capire che cosa potrebbe accadere dopo le elezioni possiamo averla dando una scorsa ai programmi e alle dichiarazioni (non molte, in verità) fatte durante la campagna elettorale sul tema scuola. Walter Veltroni ha scritto una lettera agli insegnanti indicando nell’autonomia delle scuole, nella carriera degli insegnanti e nella qualità delle strutture scolastiche i pilastri del sistema scolastico che edificherà nel caso vincesse le elezioni; Silvio Berlusconi ha promesso di ripristinare la Riforma Moratti e di dare «sostegno alle famiglie per una effettiva libertà di scelta educativa tra scuola pubblica e scuola privata».



La libertà di educazione rimane un faro imprescindibile per orientarsi nei proclami politici in materia di scuola: senza questo punto essenziale ogni altro discorso diventa superfluo. Garantito l’esercizio di questa libertà (che implica, inutile nasconderselo, una reale parità anche sul piano economico tra le diverse scuole), è bene poi mettere sul piatto molte altre questioni: autonomia, concorrenza, qualità dell’insegnamento, valutazione. Quel che conta, ed è forse la cosa che ci si aspetta di più dalla politica, è che ci possa essere una seria presa di coscienza che la scuola non può essere utilizzata come campo per lo scontro ideologico fra gli schieramenti. È il momento, vista l’urgenza, di vere intese bipartisan, trovando insieme anche il coraggio di sconfiggere le resistenze di chi ha interesse alla conservazione dello stato di degrado della scuola italiana.

Leggi anche

Rosi Bindi: "Salvini era ed è tuttora filoputiniano"Mille bare in piazza, Bombardieri (Uil): morti lavoro inaccettabili