Il Paraguay, paese mediterraneo nel cuore dell’America del Sud, circondato da vicini più noti sulla scena internazionale come Argentina e Brasile, si è svegliato lunedì 21 aprile con un duplice avvenimento. Da un lato, il paese ha eletto un nuovo governo ponendo fine a più di 61 anni di dominio dell’ultimo dei “dinosauri” dell’America Latina, il Partido Colorado (Partido Colorato). Questo partito, con un taglio ideologico populista e idee corporativo-nazionaliste, era l’ultimo di una serie di partiti egemoni nella storia del continente, come il PRI messicano e il peronismo argentino. Partito dominante in Paraguay dal 1947, complice e sostenitore della lunga dittatura di Stroessner, durata 36 anni e rovesciata da un colpo di Stato nel 1989, è rimasto al potere fino a domenica scorsa. Perciò la sua sconfitta di fronte a una nuova forza politica, la Alianza Patriòtica (Alleanza Patriotica) guidata da Fernando Lugo Mendez ha assunto i caratteri di un terremoto politico.
Tuttavia, è proprio la figura di Lugo, dall’altro lato, che rende questo avvenimento qualcosa di unico, di inedito, non solo per il Paraguay ma per la storia della democrazia moderna. E anche per la Chiesa. L’appena eletto presidente di 56 anni è vescovo della Chiesa cattolica, per quanto sospeso “a divinis” da Papa Benedetto XVI nel dicembre del 2007. Fernando Lugo, fino a circa tre anni fa, è stato vescovo della diocesi di San Pedro una zona povera e isolata nel nord del paese. Dopo essere stato la bandiera dei poveri, con un’esplicita propensione verso certe forme della teologia della liberazione, Lugo dimostrò la sua capacità di trascinamento anche nelle città, quandò guidò, nel marzo 2006, un’imponente marcia ad Asuncion. Aumentò così la sua capacità di leadership, riunendo partiti e movimenti di sinistra, insieme allo storico Partido Liberal Radical di centro e ai resti frammentati di una quasi estinta Democrazia Cristiana, fino a formare Alianza Democratica.
Il risultato delle elezioni non ha lasciato dubbi sul desiderio di cambiamento dei paraguaiani: Lugo e la Alianza Patriótica hanno ottenuto più del 40% dei voti, contro il 30% di Blanca Ovelar del Partido Colorado, il 15% ottenuto dal generale Lino Oviedo, capo di un gruppo di dissidenti “colorados” e il 3% di Pedro Fadul del Partido Patria Querida (Patria Amata). Una valutazione a caldo dei risultati indica un evidente desiderio di liberarsi del terribile peso del Partido Colorado, responsabile di un livello di corruzione senza precedenti (secondo Transparency International, il Paraguay è uno dei paesi con il più alto indice di corruzione in America e nel mondo) e di una povertà allarmante, con indici di disoccupazione vicini al 30%.
Oltre a questo desiderio, a che cosa è dovuta l’attrazione per la candidatura di un vescovo senza nessuna precedente esperienza politica? Si possono citare tre fattori. In primo luogo, Lugo ha raccolto i voti del malcontento verso i “colorati”: la gente fondamentalmente ha votato contro il Partido Colorado. Inoltre, si è rivelata importante l’aura mistica attorno alla sua figura per il fatto di essere vescovo. Terzo, l’assenza di un laicato maturo, di un soggetto ecclesiale che potesse rappresentare una proposta e una risposta sociale, ha fatto sì che la candidatura di Lugo riempisse uno spazio che da lungo tempo larghi settori del mondo cattolico chiedevano venisse riempito.
Ideologicamente, Lugo sta a sinistra, come denotano diversi elementi della sua piattaforma elettorale. In politica estera, per esempio, è in favore di rapporti più stretti con il Venezuela di Chavez e, soprattutto, con la vicina Bolivia di Evo Morales. Il fatto che abbia proposto un’integrazione più rapida del Venezuela nel Mercosur, indica che la sua posizione non è dalla parte del mercato libero, nello stile del Cile della presidenza Bachelet, né tanto meno delle tendenze filostatunitensi del presidente peruviano Alan Garcia o del colombiano Uribe. Nonostante aspiri ad emulare il presidente del Brasile Lula, paradossalmente è proprio con il vicino gigante del sud che dovrà rinegoziare l’accordo sulla diga di Itaipu, la diga idroelettrica più grande del mondo, alla quale si oppongono Lula e il Brasile.
La sua visione dell’economia non presenta differenze sostanziali rispetto al programma “colorato”: forte intervento statale, silenzio su privatizzazioni e riforma dello Stato. La sua campagna elettorale, in questo senso, è stata generica: si è sempre riferito alla necessità di cambiare le “strutture”, considerata l’ingiustizia del “sistema capitalista”, ma senza dare indicazioni precise a tal proposito. Lugo non ha nessuna esperienza amministrativa per sapere che cosa esattamente può e vuole fare.
Tuttavia, la questione più difficile nella sua candidatura non è tanto la sua posizione ideologica, quanto la sua situazione con la Chiesa. Dopo la sospensione “a divinis”, l’allora candidato Lugo dichiarò pubblicamente che non avrebbe obbedito alla richiesta di riconsiderare la sua scelta per la politica. Questo ha causato un profondo malcontento e rifiuto in gran parte della comunità cattolica, ma anche reazioni favorevoli tra il clero e il laicato cattolico. Di fatto, la Chiesa ha sofferto una divisione non percepibile all’inizio, che è diventata più intensa con l’avvicinarsi del 20 aprile, data delle elezioni. La posizione della Conferenza Episcopale del Paraguay, espressa lo scorso 14 marzo, è inequivocabile: Lugo rimane sospeso, pur continuando ad essere sacerdote, e la politica, hanno ribadito i vescovi, deve rimanere una faccenda dei laici, concludendo che la Chiesa non aveva propri candidati.
Ciò nonostante, gran parte della cittadinanza ha optato per un voto di coscienza “utile” contro i “colorati”. Malgrado la critica a questa posizione da parte di laici che giudicavano falsa l’alternativa, il vescovo è risultato eletto. Le sue prime dichiarazioni sono state eclatanti, chiedendo perdono per il dolore che la sua disobbedienza aveva causato. In questo momento, secondo il portavoce del Vaticano, Padre Lombardi, la Santa Sede e i vescovi del Paraguay con il Nunzio, stanno studiando attentamente che passi intraprendere perchè il vescovo Lugo possa governare.
In ogni caso, la storia del Paraguay, e della Chiesa pellegrina in questa nazione “orfana di futuro”, come direbbe lo scrittore Roa Bastos, crede di aver trovato una luce. Anche se fosse solo per qualche tempo.