A pochi giorni dall’arrivo del nuovo governo arriva il decreto del ministro della Salute Livia Turco che aggiorna le linee guida sulla fecondazione assistita.
E il dibattito si accende, anche per la scelta di emanare il provvedimento proprio a fine mandato. Per Eugenia Roccella, deputata PDL, infatti «Le nuove linee guida sulla legge 40 sono il regalo postumo di un governo già sfiduciato dal Parlamento (il Ministro Turco le ha firmate l’11 aprile, a due giorni dalle elezioni), che avrebbe dovuto limitarsi alla gestione dell’attività ordinaria, e invece ha preferito un ultimo gesto di arroganza».
Le stesse norme trovano invece apprezzamento da parte di quelle associazioni che già avevano sostenuto a suo tempo la battaglia referendaria per l’abrogazione della legge 40 e oggi ne invocano la modifica anche su altri punti chiave.
Nel merito delle Linee Guida
«Abbiamo dato una risposta – ha detto il ministro Turco – a quanti, operatori e cittadini, richiedevano chiarezza sulla possibilità di effettuare diagnosi preimpianto, chiarendo che le linee guida, in quanto tali, non possono prevedere divieti che non siano già contemplati nella legge stessa».
Il nuovo testo non introduce modifiche clamorose, ma cerca di aprire dei varchi interpretativi nella legge, per consentire la selezione genetica degli embrioni e l’estensione a coppie non infertili. L’allargamento ai portatori di malattie virali sessualmente trasmissibili (inserito a seguito di un parere del CSS) viene motivato con la sterilità di fatto, dovuta all’uso di precauzioni nel rapporto sessuale.
«Si tratta però di un criterio ambiguo e mal definito, – ha proseguito la neo parlamentare azzurra Eugenia Roccella – che potrebbe ampliarsi fino a comprendere ogni situazione in cui ci sia impossibilità fisica di concepire, per esempio la lontananza dei coniugi. Il punto più controverso delle nuove linee guida riguarda però il divieto di diagnosi preimpianto. Il Ministro dichiara di prendere atto della sentenza di Cagliari e soprattutto di quella del Tar del Lazio (che però rimandava alla Corte Costituzionale). Si mantiene il divieto di diagnosi preimpianto con finalità eugenetiche ma si elimina l’indicazione, contenuta nelle vecchie linee guida, che limitava le indagini al livello osservazionale».
Le legge, infatti, prevede che ogni indagine sugli embrioni abbia lo scopo di tutelarne la salute e lo sviluppo, e non sia fatta a scopi eugenetici. L’indagine osservazionale (cioè di tipo morfologico) ha lo scopo di informare la coppia su anomalie gravi e irreversibili dell’embrione, che ne impedirebbero lo stesso sviluppo in utero; la diagnosi preimpianto, invece, è un test genetico che individua patologie che non impediscono necessariamente la crescita e l’impianto dell’embrione, ma hanno un tasso di probabilità più o meno alto di manifestarsi nel feto o successivamente nell’adulto.
I Commenti
Le novità introdotte «di fatto stravolgono lo spirito e la lettera della stessa legge, contrastano l’intento terapeutico che la legge tentava faticosamente di conservare, e introducono una chiara impronta eugenetica», ha invece commentato Adriano Pessina, direttore del centro di ateneo di Bioetica dell’università Cattolica. «Un fatto grave» che può aprire la strada ad «una pericolosa e inaccettabile deriva eugenetica nella applicazione della legge 40» sulla procreazione assistita, ha poi aggiunto don Roberto Colombo, direttore del Dipartimento di genetica umana alla Cattolica di Milano, e esponente di primo piano della Chiesa italiana in materia di biotecnologie.