Alla fine Giuliano Amato ha rinunciato alla carica di presidente della Commissione bipartisan sul futuro di Roma. Un’iniziativa voluta e promossa dal sindaco Alemanno, sulla falsariga della francese Commissione Attali. Ciò che non ha potuto il “fuoco nemico”, quello proveniente dagli accoliti di schieramento di Amato, di un PD fortemente contrario a dare una mano nella capitale ad un sindaco che appare un po’ impacciato e comunque impreparato – per il momento – a gestire la complessità urbana, ha fatto il fuoco “amico” del neo-sindaco.
Prima le dichiarazioni di Gasparri su Amato; poi la polemica su fascismo e antifascismo, che ha visto Alemanno smentire perfino la linea del suo leader di partito. Frasi giudicate inaccettabili e che hanno fatto saltare un tavolo al quale l’ex premier, e più volte ministro, sembrava tenere parecchio. Il tentativo è fallito per motivi assai diversi. A Roma si respira un’aria politica e sociale un po’ inquinata e sarebbe stato difficile mettere attorno ad un tavolo qualche intelligenza, sperando che la politica rimanesse al largo.
Ma visto che in questo periodo di politica se ne fa molta, meglio la nomina di Marzano, la cui competenza non si discute e che potrà essere valutato sulla base dei risultati, senza mistificazioni o retropensieri di schieramento.
Quella della commissione romana poteva essere anche una buona idea. Ma il clima politico nel Paese volge improvvisamente al brutto – in realtà gli squarci di sole erano solo una pia illusione – e le condizioni per collaborare andranno prese caso per caso.
Non si tratta, come ha chiesto Berlusconi, dell’avvento di una nuova classe dirigente di sinistra. Il Paese è ancora imbevuto di pregiudizio e i dossier sui quali scontrarsi sono molti.
Tutto sparirà magicamente quando usciranno di scena i leader attuali, di destra e di sinistra e quando la convergenza sui dossier di interesse strategico non sarà più una facciata o una questione di opportunità, ma un’esigenza sentita e condivisa da chi ha la responsabilità di guidare questo Paese.