Nelle prossime settimane dovrebbe entrare nel vivo il dibattito sulla riforma della giustizia (Csm, ordinamento giudiziario, processo penale, ecc.). Per non perdersi nel mare di parole che ci sommergerà, sarà opportuno cercare di capire la connessione esistente tra proposte di riforma e scelte politiche che le motivano. Una, in particolare, merita un’attenta riflessione.
Si consideri la proposta formulata dall’on. Violante – da ultimo nell’intervista al Corriere della Sera del 29 dicembre 2008 – di cambiare la composizione del Csm: un terzo eletto dal Parlamento, un terzo dai magistrati (attualmente i magistrati eleggono due terzi del Csm) e un terzo scelto dal Capo dello Stato. Afferma l’on. Violante che «così la magistratura, che ora è un settore totalmente autogestito, verrebbe integrato di più nel sistema costituzionale». La proposta Violante è stata ribadita e fatta propria ieri – suscitando, non a caso, l’immediata e significativa reazione dell’Anm – dal vice presidente del Csm Nicola Mancino, in un’intervista allo stesso quotidiano.
In realtà, se attuata, tale proposta non comporterebbe solo un ridimensionamento della componente dei magistrati all’interno del Csm, ma assesterebbe un colpo quasi mortale alla magistratura in quanto categoria organizzata e dotata di grande potere all’interno della società, perché colpirebbe in modo significativo l’Anm e con essa le correnti di sinistra che, come è noto, sono in grado di esercitare in essa una forte egemonia.
I magistrati eletti nel Csm sono infatti espressione delle correnti in cui si articola l’Anm e queste riescono a mantenere il controllo della categoria e a gestirne il consenso, soprattutto perché possono incidere in modo significativo sulla carriera e in genere sulle vicende professionali del singolo magistrato, proprio attraverso la componente di magistrati che attualmente ha la preminenza nel Csm. In altri termini: Csm e Anm sono due facce di un medesimo sistema di potere.
Proprio questo spiega perché sia sempre più diffuso tra i magistrati “comuni” un sentimento di diffidenza, se non di vera e propria avversione, verso il Csm, sentito come un organismo che, lungi dal garantire l’indipendenza del singolo magistrato, ne condiziona spesso negativamente l’operato: i suoi meccanismi burocratici, fondati su circolari sempre più simili alle grida manzoniane, costringono il singolo magistrato a cercarsi una “protezione” in una o più correnti dell’Anm, favorendo così il perpetuarsi di un sistema clientelare, del quale lo stesso magistrato finisce per essere paradossalmente complice e vittima. L’ipotesi di ridurre drasticamente la componente elettiva dei magistrati nell’ambito del Csm è in pratica un attacco frontale all’Anm.
Può essere casuale tutto ciò? Difficile crederlo. L’ipotesi più plausibile sembra che la componente più avveduta della sinistra si sia resa conto che non conviene più essere il referente politico di una magistratura che, per varie ragioni, appare sempre più “fuori controllo” anche a quelle forze politiche che in questi anni hanno tratto i maggiori vantaggi dall’azione di giudici e pubblici ministeri.
La tanto sbandierata autonomia della magistratura e del suo organo di autogoverno rischia dunque di trasformarsi in un boomerang per alcuni suoi storici sostenitori, che finiscono così per riscoprire la necessità di una “integrazione della magistratura nel sistema costituzionale”.
Questo nuovo clima politico potrà rivelarsi un’occasione preziosa se favorirà riforme in grado di tutelare il cittadino, sia da strumentalizzazioni di parte nell’esercizio del potere giudiziario, sia da indebiti condizionamenti esterni e interni della magistratura.
In quest’ottica sembra illusorio ritenere che un Csm più “politico” possa per sé solo costituire una migliore garanzia: dovranno essere ripensati, oltre alla composizione del Csm, anche il suo sistema elettorale e soprattutto il quadro delle sue competenze, che in questi decenni si sono dilatate a dismisura, stravolgendo il ruolo del Csm delineato nella Costituzione, la quale, sotto questo profilo, dovrebbe solo essere attuata.
(Saverio Mancini)