«Mentre quasi tutto il mondo politico e giornalistico è concentrato sulle difficoltà del Governo, su crisi improvvise che per l’opposizione potrebbero comunque comportare solo la richiesta di elezioni anticipate, pochi si accorgono della gravità degli atteggiamenti della Lega Nord, che, facendo esporre direttamente in prima fila i suoi ministri nella campagna per l’astensione sui referendum, anche con evidenti intimidazioni ai presidenti di seggio, sta uscendo dalla legalità». Lo afferma il senatore del Pd Stefano Ceccanti che commenta il discorso di ieri del ministro degli Interni Maroni che a Pontida ha invitato i presidenti dei seggi «a non fare i furbi».
«Un conto – osserva Ceccanti – è infatti l’ampiezza della scelta del singolo cittadino e anche la posizione di realtà della società civile per l’astensione, un altro conto è che, nell’intento di annettersi l’astensionismo cronico, invece di battersi apertamente per il mantenimento della legge vigente (a cui si giungerebbe sia col no che con l’astensione), un partito utilizzi le cariche istituzionali, metta cioè lo Stato come controparte di chi intenda andare a votare o fare il proprio dovere di presidente di seggio».
«Non a caso, come hanno richiamato nei giorni scorsi vari costituzionalisti, dal Presidente emerito Onida fino a Michele Ainis, il vigente articolo 51 della legge 352 del 1970, relativa ai referendum – ricorda Ceccanti – richiama la piena applicabilità anche a queste consultazioni, a prescindere dall’esistenza del quorum, dell’articolo 98 del testo Unico della Camera che punisce da sei mesi a tre anni “il pubblico ufficiale investito di un pubblico potere o funzione civile o militare” che commette una serie di atti scorretti nei confronti degli elettori, ivi compresi quelli tali “ad indurli all’astensione”».