«Guardate bene ai pericoli delle correnti organizzate in seno al partito. Si comincia con le divisioni ideologiche, si prosegue con quelle personali e si arriva alla frantumazione del partito». L’ammonimento che nel secolo scorso Don Luigi Sturzo faceva in seno al nascente Partito Popolare italiano e giustamente ripresa ieri da Giulio Tremonti, risulta oggi, dopo lo scontro frontale tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, più che mai attuale. Il Presidente Fini nel suo intervento ha sottolineato che «un partito è democratico se accetta che all’interno c’è una pluralità di opinioni e di posizioni. Non vuol dire mettere in discussione una leadership».
Interrogarci su cosa c’è di vero dentro un’esperienza che è stata anche l’esperienza di fusione, di tradizioni, e quindi capire come questa esperienza possa lasciare spazio a chi non c’entra niente con queste tradizioni per poter fare emergere la sintesi migliore possibile deve essere parte integrante del metodo che caratterizza la nostra attività politica.
Il fatto che all’interno di un partito ci siano componenti che pongono questioni volte a migliorare l’efficacia dell’azione del Governo non può che trovarmi d’accordo. Se tuttavia nei fatti questa componente segue pregiudizialmente logiche politiche e programmatiche diverse da quella della maggioranza del partito, ne esce una vera e propria corrente, una sorta di partito nel partito. Un partito amico, ma nello stesso tempo nemico; una risorsa, ma all’occorrenza una minaccia. Non è questo il modo di uscire dalla logica delle quote, 30% AN, 70% Forza Italia. In altre parole, non esistono correnti di idee. Esistono soltanto correnti di potere. E in questo senso le polemiche, come quelle di ieri, rischiano di essere sempre pretestuose.
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La forza del Popolo della libertà deve essere la sua unità. Noi sentiamo e percepiamo l’esperienza dell’unità come il valore più grande. L’Unità si fa sulla verità. Proprio per questo non vanno eluse le critiche. A tal proposito sorge una domanda: ma abbiamo appaltato davvero la nostra idea di persona alla Lega? E’ proprio vero che la nostra concezione dell’uomo e di concepire il nostro far politica sono ormai una loro prerogativa? Non possiamo permetterci di cadere in questo tranello. E’ il popolo della libertà e nessun altro che basa il proprio progetto politico e il proprio governare sulla domanda “cos’è un uomo?” E’ il popolo della libertà quel partito nato con una concezione dello stare insieme che ridà fiato al desiderio del nostro cuore.
Percepire l’unità come un valore vuol dire che il nostro stare insieme non è la media degli interessi in gioco, ma è l’affermazione di un ideale talmente grande che può tener conto dei bisogni di tutti. E’ il bene più grande che abbiamo, perché è quel fattore che ci permette di essere credibili rispetto al nostro Paese, rispetto al popolo, rispetto al mondo intero.
Per questo quando parliamo di partito, non vogliamo parlare di un Risiko, vogliamo parlare di un progetto che vuole che avvenga la più grande contraddizione possibile, il più grande paradosso: e cioè che una parte, un partito decida del bene comune; che una parte, un partito, quel bene comune lo faccia; che una parte, un partito, sia capace di superare le sensibilità, le tonalità, le sfumature che ci portano spesso in contrasto, in nome della grandezza degli obiettivi e degli ideali che muovono quotidianamente la nostra esperienza.