NICHI VENDOLA – Cultura, Fiat, politica e Checco Zalone. E’ un Nichi Vendola a 360 gradi quello che incontriamo alla Casa del Cinema di Roma, a margine della presentazione del “Bari Film Festival”, rassegna cinematografica che dal 22 al 29 gennaio proporrà 300 titoli tra film e cortometraggi. Cravatta rossa e orecchino d’ordinanza, davanti a una folta platea di giornalisti e addetti ai lavori, il governatore della Puglia rivendica il ruolo della cultura, da lui definita “il valore aggiunto di una società, cibo non solo per l’anima ma anche per l’economia”.
“Gli investimenti in cultura – spiega il leader Sel – hanno un doppio beneficio: inciviliscono e implementano la qualità produttiva di un territorio. Chi pensa che investire in cultura sia oliare un meccanismo che riproduce dinamiche parassitarie, non sa di cosa parla oppure lo sa bene e cerca di impedire che attraverso la cultura cresca l’intelligenza di una società”. Nello specifico c’è il cinema, argomento di giornata, che “aiuta a superare le colonne d’Ercole del provincialismo”, proponendo” un impegno etico e civile che ci fa dire che c’è un’Italia migliore”.
Tante strette di mani, saluti calorosi agli amici in sala e disponibilità verso taccuini e telecamere. Alla casa del Cinema, inaugurata nel 2004 da Walter Veltroni nel cuore di Villa Borghese, Vendola è protagonista assoluto, anche quando si parla di politica. “Le primarie – spiega – non potranno che farsi”, mentre l’appello di Bersani al Terzo Polo “ha ricevuto una risposta abbastanza secca: no grazie”. Ma allora quale soluzione per il futuro del centrosinistra? “Bisognerebbe aprire una discussione sulla crisi che c’è oggi nel paese e, su questo, mettere insieme un confronto vero, costruire la coalizione. Ma partire astrattamente dal profilo della coalizione significa precipitare immediatamente nel gioco dei veti e delle reciproche interdizioni. Dobbiamo mettere in campo un’idea di come uscire dalla crisi”.
Con una metafora è tutto più chiaro: "nei giri di valzer che si svolgono esclusivamente nei palazzi del potere non riesco a vedere il ballo del cambiamento. Penso che bisogna cambiare metodo, sapendo che l’urgenza del cambiamento è scritta nella carne viva del paese, in un dolore sociale crescente, c’è bisogno di un centrosinistra forte capace di dire che le politiche economiche e sociali di un quindicennio di berlusconismo hanno portato l’Italia alla deriva, dobbiamo dire la verità". Sulla terrazza della Casa del Cinema, che domina il verde di Villa Borghese, c’è spazio per le foto di rito con i protagonisti del festival cinematografico barese. Vendola posa insieme al direttore artistico Felice Laudadio e in compagnia del presidente Ettore Scola che, per Nichi, riserva parole di miele.
"Non ha vergogna verso la cultura – dice il regista -, si fa anche prendere in giro perché usa le parole ‘racconto’ e ‘narrazione’, destando sospetto perché alla gente non bisogna raccontare nulla". Mentre Vendola, circondato dai cronisti, racconta anche il suo punto di vista sulla vicenda Mirafiori. "Un grande tema – dichiara – sul quale la politica dovrebbe fare una discussione di merito e non rimanere ai miti del tipo Marchionne è la modernità e la Fiom il passato". "La discussione – prosegue Vendola – va incentrata sulla vita materiale della maggior parte delle persone di questo paese, allora scopriremmo che in Italia il nome nuovo della questione sociale è un nome antico e si chiama povertà". Nelle battute finali, prima del buffet organizzato in giardino, il governatore pugliese dice la sua sul fenomeno Checco Zalone che, da mesi, ha investito la Puglia e l’Italia intera.
Il giovane Luca Medici è "un comico vero e, cosa abbastanza sorprendente, fa ridere. E’ un professionista ed un artista completo, interprete dei vezzi, dei vizi e delle virtù dei meridionali con una vena di autoironia che trovo davvero preziosa". Ma per il leader di SeL, oggetto di una delle migliori interpretazioni del comico pugliese, Checco Zalone è anche "il miglior imitatore possibile", ambasciatore di una "presa in giro forte ma non volgare". In controtendenza rispetto alla "comicità come trionfo del plebeismo piccolo-borghese" che, secondo Vendola, "è giunta al capolinea". La stessa che "ha regolato i flussi di produzione d’immaginario per molti anni, sempre con un eccesso di volgarità gratuita, capace di celebrare il peggio dell’italianità".
(Marco Fattorini)