La tensione è alle stelle. Dopo che ieri il governo è stato battuto sul rendiconto generale dello Stato, che avrebbe permesso l’aggiustamento del bilancio 2010, la maggioranza è ancora più debole. Come non lo è mai stata. A far mancare il numero necessario per un voto positivo, sono stati il ministro Tremonti, l’ex ministro Claudio Scajola, e gli ex Responsabili di Scilipoti. Si era detto che la palla sarebbe passata alla Giunta per le autorizzazioni, presieduta da Gianfranco Fini. Dove la situazione di assoluta parità numerica – sei deputati di maggioranza, sei di opposizione – ha reso il presidente della Camera l’ago della bilancia. Ma la giunta, alla fine, pur senza votare ha dato parere negativo. In sostanza, l’iter del rendiconto generale dello Stato è da ritenersi concluso. «Non può andare avanti con l’esame del ddl perché la bocciatura dell’articolo 1 preclude i restanti articoli», spiega la Giunta. Il numero uno di Montecitorio salirà, quindi, nel pomeriggio al Colle per incontrare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e illustrargli la tesi dell’opposizione secondo la quale a questo punto, di fatto, è impossibile proseguire con i lavori Parlamentari. In sostanza, lo Stato è paralizzato. Motivo per cui domani il presidente del Consiglio è intenzionato a recarsi, alle 11, in Aula per chiedere la fiducia su un nuovo provvedimento dopo un Consiglio dei ministri.
La scelta di ricorrere ancora una volta a questo strumento è stata presa dopo una riunione di 4 ore svoltasi a Palazzo Grazioli in cui erano presenti i vertici di Pdl, Lega e Responsabili. Il premier, infatti, nonostante il pressing delle opposizioni, non ha alcuna intenzione di lasciare Palazzo Chigi. Il suo ragionamento è semplice: una crisi di governo, con la stato attuale dell’economia, sarebbe da irresponsabili. Il capogruppo del Pd alla Camera, Enrico Franceschini, intervenendo a Montecitorio, è tornato, invece, a chiedere le dimissioni del governo, denunciando l’inutilità di un’ennesima richiesta di fiducia. «Ci troviamo di fronte ad un atto che comporta conseguenze giuridiche e costituzionali che non si possono ignorare né si possono soltanto risolvere con gli strumenti della politica».
Una lettura decisamene contestate dall’omologo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, il quale ha fatto presente che la bocciatura del documento non equivale ad un atto di sfiducia nei confronti del governo e ha defini le opposizioni eversive rispetto a quanto prevede la Costituzione.