Paolo Franchi non è solo un bravo giornalista, ma anche uno dei più acuti osservatori delle cose politiche italiane. Ha una grande scuola alle spalle, che gli permette di sollecitare il suo fiuto politico. E, di fronte alla sfilata di questi nuovi sottosegretari nominati dal Governo Monti, cerca di ragionare e di trarre delle conclusioni ragionevoli.
Scusi Franchi, ma lei che cosa ne pensa di questi nomi che compongono, tra un nuovo ministro e i sottosegretari, il Governo di impegno nazionale di Mario Monti?
Mi sia concessa qualche perplessità. Prendo atto che il nuovo ministro alla Funzione pubblica è Filippo Patroni Griffi. Prendo atto che il viceministro all’Economia è un uomo di Banca Italia, Vittorio Grilli. In questo caso si è evitato, a quanto mi dicono, un altro uomo di “casa Intesa San Paolo”.
Anche gli altri nomi devono essere di prim’ordine per quanto riguarda competenze, curriculum, professionalità. Ma esprimere un giudizio su questa compagine mi risulta difficile.
Perché allora qualche perplessità?
Sto ragionando sulla formazione del governo Monti. Cerco di comprendere. Quando è nato questo governo, Monti stesso sembrava orientato (anzi a mio parere lo voleva) a una sorta di “direttorio” interno al suo governo. Un tavolo di comando nel quale, seppur con incarichi diversi, ci fossero i rappresentanti dei partiti che in Parlamento sostengono il nuovo esecutivo. Credo che Monti sia rimasto un poco deluso, ma poi sia andato avanti per la sua strada.
E adesso?
Adesso credo che un pensiero a una rappresentanza politica, o quanto meno parlamentare, Monti l’abbia fatta ancora. Ci sono consuetudini parlamentari, conoscenze, modi di muoversi, commissioni da presiedere. Insomma il Parlamento non è un luogo che si conosce immediatamente e una certa esperienza serve.
Tanto è vero che, a un certo punto si è parlato pure di D’Onofrio, se non ricordo male. Invece anche questo secondo tipo di “copertura politica” non c’è stata.
Secondo lei, per quale ragione i partiti non sono minimamente rappresentati? Vien da chiedersi se siano più deboli o più forti.
Questa è una bella domanda! Io credo che abbiano scelto di autoescludersi. Ma così facendo dimostrano tutte le loro contraddizioni e le loro paure. Anzi, sottolineano in modo ancora più lampante che la situazione è davvero grave. Le misure che dovrà prendere questo governo non saranno semplici.
Stando dentro i partiti andrebbero incontro a problemi con il loro elettorato. Stando fuori, possono digrignare i denti, appoggiare Monti, ma perdere ugualmente dei “pezzi”.
Lei mi sta dicendo che una classe politica, quella della Seconda repubblica è arrivata al capolinea, creando una sorta di anomalia, con la politica che ammaina la bandiera?
Quello che si sta verificando in Italia non è avvenuto in nessun altro Paese europeo. In Spagna si è andati a votare. E comunque, anche se si fosse arrivati a una situazione simile alla nostra, si sarebbe potuto scegliere un candidato di una forza parlamentare che potesse rispondere a quanto richiede l’Europa.
Anche la Grecia, mi spiace quasi dirlo, ha fatto meglio di noi. Georges Papandreou ha innanzitutto dato una risposta politica e poi ha creato le premesse, insieme ad altre forze politiche, per la creazione di un nuovo governo.
È probabile poi che fra tre mesi Sarkozy abbandoni l’Eliseo. Ed è possibile che tra un anno e mezzo la coalizione di Angela Merkel sia sostituita da un’alleanza rosso-verde, o più probabilmente verde-rossa.
Il tutto comunque rientra in schemi politici. Non certo brillanti, anche nel resto dell’Europa. Ma è l’Italia l’anomalia. Qui la politica ha abdicato completamente. Si è autoesclusa.
Si parlava di complotto.
Ma quale complotto! I protagonisti della Seconda repubblica si sono ritirati.
Questo periodo della storia italiana è stato caratterizzato dalla lettura del racconto berlusconiano. Fino a un certo punto è piaciuto. Quando ha steccato, non è più andato giù. Ma la sensazione è che tutti quanti siano in procinto di passare la mano.
La lista di questo governo, il nuovo ministro alla Funzione pubblica, i sottosegretari scelti fuori dai partiti e dal Parlamento ne sono la controprova. Diciamola tutta fino in fondo: i partiti che sostengono questo governo sembrano stralunati, sembrano in una fase incomprensibile della loro funzione naturale.
E quale può essere lo scenario del dopo-Monti?
Al momento è difficile immaginarlo. Ma è difficile soprattutto perché questo passo indietro della politica nel suo complesso sarà complicato per tutti, sia per chi si colloca da una parte, sia per chi si colloca dall’altra.
In tutto questo, c’è la Lega Nord che rifiuta un nuovo patto con Berlusconi. È come se prendesse già le distanze da quello che avverrà dopo?
Questa è una situazione principalmente legata al rapporto tra Berlusconi e Bossi. Si può riassumere con un vecchio brocardo latino: Simul stabunt, simul cadent. Poi, certo, ci sono due mondi diversi, che a volte si capiscono, ma che non sempre si sono capiti e in questo momento mi pare che si comprendano sempre di meno.
Tutto questo nasconde anche un’insidia futura. Non è impossibile che la Lega, liberata da qualsiasi tipo di allenza con il Cavaliere, possa riprendere, con più forza, un messaggio che è sempre inquietante e che pone problemi di tenuta dell’unità nazionale.
Speriamo di no. Ma questa “vacanza politica”, questo arretramento totale lascia spazio a molti pensieri non proprio positivi…
(Gianluigi Da Rold)