Il capo del governo non si è presentato stamattina alla Corte d’assise di Milano dove è ripreso il processo sui fondi neri dei diritti Ma era comunque a Milano dove ha rilasciato diverse dichiarazioni a forte contenuto politico. Ad esempio il ruolo del capo dello stato nell’approvazione delle leggi: «Quando il governo decide di fare una legge, questa prima deve passare» dal Quirinale e deve passare il vaglio «di tutto l’enorme staff che circonda» il Capo dello Stato, staff che «interviene puntigliosamente su tutto», ha spiegato il presidente del Consiglio.



E ancora. «Se al Capo dello Stato e al suo staff la legge non piace, questa torna in Parlamento. E se non piace ai giudici la impugnano e la portano alla Corte Costituzionale che la abroga». Quindi l’ex alleato Gianfranco Fini: «C’era un patto di Fini con i magistrati e l’Anm, e tutte le cose che non andavano bene ai magistrati venivano stoppate», ha detto. Ci sono «i giudici che dicono la loro e altre autorità che intervengono anche se non dovrebbero farlo». «Il presidente del Consiglio è imbrigliato e può solo suggerire» e per questo «serve una riforma» costituzionale che finora «non siamo riusciti a fare perché nemmeno all’interno della nostra maggioranza eravamo riusciti a trovare l’accordo».



Ancora sul tema giustizia: Serve il processo breve o almeno «in tempi ragionevoli così come chiesto anche dall’Ue». Ma «poiché ci sono 103 procedimenti avviati su di me, la sinistra dice che non si fa, perché serve a Berlusconi». Dunque «se c’è di mezzo Berlusconi non si può fare una legge giusta». Una battuta, ma mica tanto, sul suo cellulare: «Il presidente del Consiglio ha deciso di non avere un telefonino, non perché non se lo possa consentire, ma perché è esposto a qualsiasi intercettazione». Secondo il capo del governo, le inchieste giudiziarie sul suo conto sono costate allo stato 600 miliardi.Nonostante tutto, ha concluso, il Pdl è al 30,6 nei sondaggi. Eppure, «ne ho piene le scatole e sogno a occhi aperti di tornare a fare il cittadino privato».

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