Pier Luigi Bersani inizia il discorso conclusivo della festa di Pesaro del Partito Democratico con una battuta delle sue, in cui saluta e ringrazia tutti coloro che sono in piazza, al sole e all’ombra, che “mica son venuti qui ad abbronzarsi al comizio”. Bersani commenta poi l’importanza della parola patriota, una parola “usurpata dal nazionalismo e imperialismo del primo ‘900”. La parola del 25 aprile, “data sacra che abbiamo difeso e che nessuno cancellerà mai”. Nessuno, commenta Bersani, potrà più sequestrare loro le parole, come libertà, e canti come “Va Pensiero” che vengono riconsegnati agli italiani. La prossima festa, fa sapere, si terrà a Reggio Emilia, “città del tricolore”. Il discorso del segretario del Pd continua a salire di intensità e, prima di scagliarsi contro il governo, vuole riaffermare “l’identità del partito qui a Pesaro: partito popolare del secolo nuovo”. Ed ecco i primi attacchi, riguardo la crisi economica che ha sorpreso l’Italia dove non avrebbe dovuto, la settima potenza industriale del mondo, che non avrebbe dovuto subire l’umiliazione di essere guardata come una zavorra. Secondo Bersani le forze che “ci hanno trascinato fin qui” vorrebbero spiegarci quello che succede. Ma quello che ci vuole è una rinascita del sogno a dispetto di questa crisi e interventi “che facciano pagare alla finanza”. Pier Luigi Bersani si chiede quando istituiremo una tassa sulle transazioni finanziarie, dichiarando che è necessaria una politica estera unica, perchè “il futuro lo vogliamo per i nostri figli”. E con il governo Berlusconi, secondo Bersani, siamo diventati “lo strapuntino dell’Europa e del Mondo. A farci guardare dal mondo come una zavorra” e il governo ha “mentito agli italiani, occultando e ignorando la crisi. E di averla aggravata con politiche dissennate. Di essersi occupati notte e giorno dei fatti loro e non dei fatti degli italiani”. Ed ecco le accuse “ufficiali” rivolte al governo, cioè di aver colpito la coesione nazionale e sociale, di aver scelto consapevolmente la divisione nel mondo del lavoro. Di aver chiamato sussidiarietà il venir meno dei doveri dello stato, di aver colpito la scuola e la ricerca, di aver svilito agli occhi del mondo la dignità della nazione. E infine, commenta Bersani, “di voler sopravvivere, truccando le carte”, e di lasciare il paese “senza timone e senza rotta”. Conclude poi rivolgendosi nuovamente al governo, che deve fare presto, ma fare bene, perchè secondo Bersani non è impossibile mettere norme più stringenti sul risparmio delle amministrazione o Misure contro l’evasione. E si chiede perché per Tremonti “una pensionata dovrebbe maneggiare una social card e il resto del mondo pagare in contanti”, oppure perchè non chiedere “agli scudati anonimi che hanno pagato il 4 invece che il 40”. Il governo deve ascoltare, suggerisce concludendo, ma sempre in queste due direzioni: risparmio della pubblica amministrazione e risorse dalla rendita e dalla ricchezza: “perché il 10% possiede la metà del paese”.   



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