Ancora modifiche alla manovra finanziaria, ancora una volta nel segno dell’aggravio del peso fiscale, dello scoraggiamento dei consumi e dell’irrigidimento delle condizioni lavorative. Anzitutto, è stata giocata la carta di riserva sull’Iva; il suo innalzamento, prima era stato introdotto, poi era stato rimosso – si era detto che non si sarebbe applicato se non fosse stato strettamente necessario – e infine è stato introdotto nuovamente. Passa, quindi, dal 20 al 21 per cento. E’ previsto, sino a quando non si raggiungerà l’obiettivo del pareggio di bilancio, un contributo di solidarietà del 3 per cento per i redditi superiori a 500mila euro. I contribuenti interessati sarebbero circa undicimila. Viene imposto, poi,  l’adeguamento dell’età pensionabile per le donne che lavorano nel settore privato a partire dal 2014. Già dal quell’anno le donne andranno in pensione a 65 invece che, come era stato previsto inizialmente, dal 2016. A regime si dovrebbero risparmiare 4 miliardi l’anno. Infine, dovrebbero sparire le Province, con il passaggio di tutte le loro competenze alle Regioni. Quest’ultima operazione è la più complicata. Perché un’amministrazione provinciale venga accorpata ad un’altra (è questa, attualmente, l’unica via percorribile) è necessario che i comuni rappresentanti un terzo della popolazione di ciascuna provincia, approvino un referendum. La palla, poi, passa alle giunte regionali e, infine, in Parlamento. L’intenzione è quella di modificare l’iter procedurale con una legge costituzionale per eliminarle tutte in una volta sola. Anche se manca ancora il maxiemendamento, la conferenza dei Capigruppo ha calendarizzato, per domani, l’approvazione finale, in Senato. Sul provvedimento, nonostante poche ore fa l’ipotesi fosse stata categoricamente smentita, sarà posta la fiducia per blindarlo. Le ennesime modifiche, all’ultimo minuto, sono state ritenute necessarie in seguito all’intervento del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ieri è intervenuto in tarda serata per  lanciare l’allarme sui conti. In particolare, ha posto l’accento sui rischi derivanti dallo spread tra titoli italiani e tedeschi, giunti ormai a livelli record.

Napolitano aveva sottolineto come il fenomeno è indice dell’incapacità del provvedimento sino ad allora redatto a restituire ai mercati e alle istituzioni fiducia nell’Italia. «Si è ancora in tempo – aveva detto – per introdurre in Senato nella legge di conversione del decreto del 13 agosto misure capaci di rafforzarne l’efficacia e la credibilità. Faccio appello a tutte le parti politiche perché sforzi rivolti a questo fine non vengano bloccati da incomprensioni e da pregiudiziali insostenibili».